PK#16 \ marzo 2022
a cura di Veronica Cavedagna e Giovanni Leghissa
"Amanti, a voi, che bastate a voi stessi, chiedo di noi"
Rilke
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"Amanti, a voi, che bastate a voi stessi, chiedo di noi"
Rilke
C’è qualcosa come un’altra perversione, qualcosa come un altro scatenamento del possibile, che quella costellazione di pensatori cerca di mettere a fuoco. Misurarsi con la morte di Dio significa misurarsi con quest’altra perversione, con quest’altro scatenamento del possibile. Nuovi possibili si rendono possibili, nuovi impossibili si disegnano a margine di quei possibili. […] [Il perverso] Si mette al posto di Dio, e crea i possibili, o dice che al posto di Dio non c’è nient’altro che questa incessante creazione dei possibili. (Leoni 2019 p. 79)
Ogni tratto di divenire sposta ogni altro tratto implicandolo nel proprio percorso, facendo di ogni altro tratto un proprio segno e facendo di sé stesso un segno di ogni altro tratto. Qui leggere è fare, interpretare è fabbricare. Per questo il lettore dei segni di quel cosmo non va immaginato come davanti a un libro, immune ai segni che sta decifrando, ma come un segno esso stesso, e come un fabbricatore esso stesso. (Leoni, 2019 p. 89-90)
Ovvero, che c’è dell’Uno, c’è l’operazione di un Uno molto più profondo o molto più superficiale di così, un Uno che non sta né dalla parte dell’uno né dalla parte dell’altro, ma che distribuisce le parti e opera la divisione, non cessando un istante di non-dividersi al fondo della divisione stessa. Questo Uno è nella stessa posizione dell’Altro, anzi è l’Altro stesso, ma come il suo accadere. L’Uno è l’Altro che accade, o l’Altro è l’Uno ormai accaduto. L’Altro è il regime dei rapporti istituiti, l’Uno è l’istituirsi di quei rapporti. (Leoni 2019 p. 35)
[1] Se volete una figura, io rappresenterei il fondamento di Yadl’un come un sacco. Non si può avere l’Uno se non dentro la figura di un sacco, che è un sacco bucato. (traduzione mia)
Che cosa sa, infatti, la scienza del fantasma? Che il fantasma è tanto il fantasma “verso cui” essa guarda per scrivere e descrivere, come suo oggetto di studio; tanto il fantasma “da cui” essa scrive e grazie a cui essa descrive ciò che descrive; quanto il fantasma “in cui” essa scrive, cioè lo spazio e l’esigenza e lo strumentario e la ragnatela di strade resesi possibili, entro cui la sua scrittura, la sua descrizione si muove.” (Leoni 2019 p. 105)
Ciò che essa sa, e insieme ciò che essa fa, è conoscere e perciò spostare l’oggetto. Non si può conoscere il fantasma senza spostarlo. In parte perché lui stesso è mobile, metamorfico, consegnato a una perenne fibrillazione dei disparati che lo compongono. In parte perché noi stessi siamo mobili, noi che lo studiamo, noi con la nostra scienza del fantasma, la scienza stessa del fantasma che non è mai di fronte al fantasma ma è sempre spinta dal fantasma e immersa nel fantasma, dunque che è fantasma a tutti gli effetti. Se così è, la scienza del fantasma è un’arte che accompagna. (Leoni 2019 p. 105)
di Lorenzo Curti
Santa Lucia di Domenico Beccafumi, utilizzato dall’autrice nel testo per mostrare la perversione della pulsione nel cristianesimo
Francis Bacon, Lying Figure
Francis Bacon, Three Studies for Figures at the Base of Crucifixion 2
di Lorenzo Curti
Persistence of Memory - Daniel Horowitz (2016)
di Anna Paola Quaglia
Freud, S. (2010), Introduzione alla psicoanalisi (1915), trad. ita. di Tonin Dogana M. e Sagittario E., Torino, Bollati Boringhieri, pp. 606.
Freud, S. (1966), “L’interpretazione dei sogni” (1899), Opere 1989 (Opere di Sigmund Freud a cura di Mussatti C.L.), Torino, Bollati Boringhieri, pp. 637.
Freud, S.(2003), “The Creative Writer and Daydreaming” (1908), in Maclintock D. (a cura di), The Uncanny, London: Penguin Books, pp. 25-34.
Jacobs J. (2006), Vita e morte delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane, Torino, Einaudi, pp. 426.
Malservisi C. (1983), “L’aula: un posto per viverci” in L’Educatore Italiano, 4.
Piazzoni F. (1983), “Ancora l’aula e i corridoi” in L’Educatore Italiano, 4.
Pile S. (2005), “Building Dreams Space, Psychoanalysis, and the City” in Annual of Psychoanalysis, 33, pp. 79-91.
[…] gli Stati generali sono sempre convocati nei momenti critici, quando una crisi politica richiede una scelta, e prima una liberazione della parola in vista di una decisione d’eccezione che dovrà impegnare l’avvenire (Derrida, 2013, p. 56)
di Maria Laura Tkach
di Paola Bolgiani