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La Theory of Moral Sentiments (1759/1790) di Adam Smith (1723-1790) rappresenta una delle perle dell’Illuminismo scozzese. Opera di ampio respiro, essa riflette l’eccezionale estensione teorica dei corsi universitari di filosofia morale tenuti dall’autore presso l’Università di Glasgow a partire dal 1752, nel seno dei quali questo lavoro venne alla luce. Essa si articola intorno all’intento principale di una descrizione della vita morale umana (la genesi del giudizio morale, lo spettro delle virtù, l’interazione tra le diverse passioni), fornendo allo stesso tempo interessanti spunti di riflessione in materia di etica normativa, filosofia politica, epistemologia, estetica e teologia naturale. Smith raccoglie e rielabora criticamente gli stimoli dei grandi teorici britannici della natura umana (Hobbes, Cudworth, Shaftesbury, Mandeville, Hutcheson, Butler e Hume), contribuendo al dibattito intorno alla naturale socievolezza dell’uomo con un’originale interpretazione del ruolo della spettatorialità (spettatore interno, pubblico esterno) e della comunicazione affettiva (simpatia). Il progetto di Smith è sviluppato in maniera ordinata e didascalica, e in ciò risiede uno dei grandi meriti di quest’opera: non solo l’argomentazione ricerca pazientemente – seppur non sempre con successo – la chiarezza, bensì essa si accompagna di innumerevoli esempi volti a illustrare le diverse declinazioni e sfumature dei propri concetti chiave. 

La Theory of Moral Sentiments fu probabilmente l’opera più cara al filosofo scozzese, il quale non ne abbandonò mai il lavoro di revisione. Sei sono le edizioni che videro la luce durante la vita di Smith: 1759, 1761, 1767, 1774, 1781, 1790 – quest’ultima appena poche settimane prima della morte dell’autore. Sin dalla prima pubblicazione, essa rese celebre il professore scozzese in tutta Europa, consacrandolo al pantheon della filosofia occidentale. La fama di Smith fu destinata a crescere a dismisura, anche oltreoceano, con la prima pubblicazione di An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations (WN) nel 1776, la quale tuttavia sancì il graduale oblio della prima opera presso il pubblico. Mentre in ambito anglosassone la Theory of Moral Sentiments continuò a suscitare un qualche interesse, nel Continente essa venne perlopiù negletta per tutto il corso del XIX secolo. In Germania bisognerà aspettare più di centotrent’anni per una nuova traduzione [1]; in Italia, essendo mancata una pronta traduzione integrale, si dovrà aspettare addirittura il 1991, anno in cui apparve l’edizione di Adelino Zanini, con la traduzione di Cesare Cozzo, per i tipi dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Treccani [2]. 

Il tardo ‘900 vide una vera e propria rinascita dell’interesse per la teoria morale di Smith. Non sorprende che questo avvenne, in una certa misura, proprio tramite WN. Fu infatti per il bicentenario di quest’ultima che si avviarono i lavori per una nuova edizione critica delle opere del filosofo scozzese: la Glasgow Edition of the Works and Correspondence of Adam Smith (Oxford, Oxford University Press, 1976-1987). E fu sulla base della nuova edizione critica di Theory of Moral Sentiments curata da David D. Raphael e Alec L. Macfie che furono redatte le traduzioni italiane integrali oggi disponibili: la già citata edizione di Zanini (1991), quella di Eugenio Lecaldano (trad. it. S. Di Pietro, Milano, BUR, 1995) e la presente di Riccardo Bonfiglioli e Domenico Felice (2024). 

Sebbene l’edizione di Lecaldano rimanga sotto diversi rispetti insuperata, la nuova edizione Mimesis ha il merito e il vantaggio di fornire allo studioso italiano una bibliografia aggiornata degli studi sul pensiero smithiano svolti negli ultimi anni (pp. 510-527) – una letteratura in crescita esponenziale non solo a seguito della “Glasgow edition”, bensì anche del duecentocinquantenario della prima pubblicazione di Theory of Moral Sentiments (2009) e del tricentenario della nascita dell’autore (2023). Per ciò che riguarda la generale impostazione editoriale del testo di Smith, va apprezzata la numerazione dei capoversi seguendo l’edizione critica inglese (una scelta già operata da Lecaldano ma non da Zanini). 

Vanno tuttavia segnalate due mancanze. La prima, comune a tutte le edizioni italiane di Theory of Moral Sentiments, riguarda l’espunzione delle Considerations concering the first formation of languages, And the different genius of original and compounded languages, testo del 1761 che l’autore volle annettere a Theory of Moral Sentiments a partire dalla terza edizione (1767), per preservarlo sino all’ultima edizione da lui stesso curata (1790). L’assenza di tale saggio in appendice è da imputare all’adozione dell’edizione Glasgow del 1976 quale testo di riferimento (anche per gli apparati critici), nella quale esso è altresì omesso [3]. Sebbene si possa discutere sulla rilevanza di tale saggio per una lettura informata di Theory of Moral Sentiments, la sua eliminazione tradisce le indicazioni dello stesso Smith [4]. La seconda mancanza, propria dell’edizione Mimesis, concerne l’assenza di un indice degli argomenti, strumento utile allo studioso che tenti di ricostruire la trama di alcuni concetti chiave dell’opera. Al lettore, che per tali questioni è costretto a tornare alle edizioni Glasgow, Zanini o Lecaldano, è fornito il solo Indice dei nomi (pp. 529-532). 

L’Introduzione di Bonfiglioli, seppur non altrettanto ricca quanto quella delle edizioni precedenti, è ben organizzata secondo alcuni punti chiave per l’interpretazione del testo smithiano. In generale, si osserva il tentativo di concentrarsi su Smith senza digredire sui prestiti e sulle critiche nei confronti di autori quali Hume. Da un lato, tale scelta è apprezzabile nella misura in cui suggerisce l’originalità del pensiero di Smith; dall’altro, al lettore italiano potrebbe giovare una maggiore attenzione alla ricezione smithiana dei testi di Hume per ciò che concerne i temi dell’immaginazione, della simpatia e della spettatorialità. L’Introduzione si apre con alcuni cenni biografici (§1), cui segue un’esposizione del contesto storico-culturale della Scozia del XVIII secolo (§2) – un denso paragrafo ricco di risorse bibliografiche che restituisce una buona immagine dei fermenti politici, religiosi e culturali dell’epoca. I paragrafi 3 (Caratteri generali de La teoria dei sentimenti morali), 4 (Sullo stile dell’opera) e 5 (Fonti teoriche della teoria morale di Smith) presentano lo spirito di Theory of moral sentiments nei suoi tratti generali. Apprezzato è il ricorso al sottotitolo dell’opera (“An essay towards an analysis of the principles by which men naturally judge concerning the conduct and character, first of their neighbours, and afterwards of themselves”) per introdurne i contenuti, sebbene tale sottotitolo non venga poi riportato nel frontespizio del testo smithiano [5]. Bonfiglioli rimarca la grande attenzione lessicale, gli intenti illustrativi e l’apertura al dialogo di Smith, quale buon filosofo e paziente professore, nei confronti dei pensatori di cui si fa interlocutore; inoltre, egli descrive correttamente la posizione di Theory of Moral Sentiments all’interno del processo di naturalizzazione della morale che caratterizza il ‘700 e che trova i propri antecedenti nella tradizione del diritto naturale seicentesca. Infine, i paragrafi 6-9, di carattere interpretativo, intendono introdurre il lettore ai concetti chiave della riflessione morale di Smith. A un paragrafo dedicato all’immaginazione (§6), forse troppo conciso ed eccessivamente silente nei confronti del retaggio humeano, segue una buona esposizione della complessità e dell’originalità dell’utilizzo smithiano della nozione di simpatia (§7). Tali tematiche sfociano naturalmente nella trattazione della spettatorialità (§8). Bonfiglioli schematizza brevemente ma in maniera sufficientemente efficace la pluralità, la fluidità e l’intreccio tra i diversi tipi di spettori coinvolti nella riflessione morale del singolo: gli spettatori esterni e lo spettatore interno (tendente all’imparzialità ma di fatto influenzato dagli interessi del singolo e dallo sguardo del pubblico esterno). Tuttavia, non ci troviamo d’accordo con l’identificazione dello spettatore esterno con lo spettatore “reale” tout court, che sorvola la questione degli spettatori esterni “possibili” (i.e. la profonda radicazione dell’occhio pubblico nella quotidianità del singolo, quella tendenza a comportarsi comunque, anche in solitudine, come se si fosse visti e giudicati – non solo appunto dallo spettatore interno ma anche e soprattutto dagli altri nostri simili), che costituisce uno dei più interessanti terreni di scontro tra i moralisti del sentimento e i teorici della morale egoista. L’Introduzione si conclude con un paragrafo dedicato alla filosofia della storia. Per quanto interessante, si tratta di una tematica non specifica a Theory of Moral Sentiments, bensì trasversale a tutti gli scritti dell’autore. Per tale ragione, accanto alle pur importanti indicazioni bibliografiche, si sarebbe apprezzato un qualche riferimento – qui assente – alle opere di Smith.

Da ultimo, per ciò che riguarda la traduzione, osserviamo la scelta di aderire, fin dove possibile, alla sintattica e alle particolarità lessicali del testo originale. Ciò comporta il vantaggio di sollecitare il lettore all’adozione di schemi di pensiero possibilmente più prossimi alle originarie intenzioni dell’autore, ma rende la lettura talvolta meno agevole e non altrettanto gradevole quanto nella versione inglese. Inoltre, le traduzioni di Cozzo (per l’edizione di Zanini del ’91) e di Di Pietro (per l’edizione di Lecaldano del ’95) paiono in generale più attente, come emerge dalle differenti scelte operate per la resa del verbo “saw” (terza persona singolare) all’interno del periodo ipotetico «A stranger to human nature, who saw the indifference of men about the misery of their inferiors, and the regret and indignation which they feel for the misfortunes and sufferings of those above them, would be apt to imagine, that pain must be more agonizing, and the convulsions of death more terrible to persons of higher rank, than to those of meaner stations» (TMS, I.iii.2.2): Cozzo adotta il congiuntivo imperfetto “che vedesse” (p. 68 della rispettiva edizione), Di Pietro il gerundio “vedendo” (p. 153), mentre Bonfiglioli opta per un erroneo imperfetto (“vedeva”, p. 109).

In conclusione, riteniamo la nuova edizione di Theory of Moral Sentiments per Mimesis una buona risorsa per lo studioso italiano del pensiero di Smith, seppur questa non eguagli ancora, nella traduzione e e negli apparati critici, un’edizione come quella di Lecaldano, che rimane un imprescindibile punto di riferimento

Michele Vinai

Note

[1]  La prima traduzione tedesca del testo della sesta edizione avvenne ad opera di Ludwig Theobul Kosegarten, il quale pubblicò una Theorie der sittlichen Gefühle in due volumi (il primo nel 1791, redatto su di un’edizione precedente la sesta; il secondo nel 1795, contente le aggiunte presenti nell’ultima versione smithiana). Nel 1926, Walther Eckstein pubblicò una nuova traduzione accompagnata da un ricco apparato critico (Smith, Adam, Theorie der ethischen Gefühle, nach der Ausgabe letzter Hand übersetzt und mit Einleitung, Anmerkungen und Registern herausgegeben von Walther Eckstein, 2 Bande, Leipzig 1926). Per ulteriori informazioni, si veda l’Introduzione degli editori della Glasgow Edition (Smith, Adam, The Theory of Moral Sentiments, 1759/1790, a cura di D. D. Raphael e A. L. Macfie, Oxford, Oxford University Press, 1976).

[2] Smith, Adam, Teoria dei sentimenti morali, 1759/1790, a cura di A. Zanini, trad. it. C. Cozzo, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1991.

[3] Gli editori della “Glasgow edition” inseriscono le Considerations nel volume IV (Lectures on Rhetoric and Belles Lettres, a cura di J. C. Bryce, Oxford, Oxford University Press, 1983). Una traduzione italiana del saggio è annessa alla traduzione degli Essays on Philosophical Subjects (a cura di W. P. D. Wightman e J. C. Bryce, Oxford, Oxford University Press, 1980) curata da Paolo Berlanda: Smith, Adam, Saggi filosofici,a cura di P. Berlanda, Milano, Franco Angeli, 1984).

[4] «The Dissertation upon the Origin of Languages [viz. le Considerations]is to be printed at the end of the Theory» (Adam Smith a William Strahan, Londra, inverno 1766/67, The Correspondence of Adam Smith, a cura di E. C. Mossner e I. S. Ross, Oxford, Oxford University Press, 1987, cit. lettera 100, p. 122). Poche sono le edizioni inglesi che allegano le Considerations a TMS. Tra queste, si ricorda l’accessibile e ottima edizione di Amartya Sen e Ryan P. Hanley per Penguin Books (Londra, 2009).

[5] Questa omissione accomuna tutte le edizioni italiane, ancora una volta sulla scorta delle scelte (in questo caso inspiegabili e inspiegate) degli editori di Glasgow. Tale sottotitolo fu aggiungo nella quarta edizione (1774) e conservato in tutte le seguenti edizioni supervisionate dall’autore (1781, 1790). Cfr. Raphael, David D. & Macfie, Alec L., Introduction, in Smith, Adam, TMS, a cura di D. D. Raphael e A. L. Macfie, Oxford, Oxford University Press, 1976, p. 40. 

Bibliografia

Mossner, Ernest C. & Ross, Ian S. (a cura di), The Correspondence of Adam Smith, Oxford, Oxford University Press, 1987.

Smith, Adam, Essays on Philosophical Subjects, a cura di W. P. D. Wightman e J. C. Bryce, Oxford, Oxford University Press, 1980; trad. it. Smith, Adam, Saggi filosofici, a cura di P. Berlanda, Milano, Franco Angeli, 1984.

Smith, Adam, Lectures on Rhetoric and Belles Lettres, a cura di J. C. Bryce, Oxford, Oxford University Press, 1983.Smith, Adam, The theory of Moral Sentiments, 1759/1790, a cura di D. D. Raphael e A. L. Macfie, Oxford, Oxford University Press, 1976. Edizione inglese altresì menzionata: Smith, Adam, The Theory of Moral Sentiments, 1759/1790, a cura di A. Sen e R. P. Hanley, Londra, Penguin, 2009. Edizioni italiane: Smith, Adam, Teoria dei sentimenti morali, 1759/1790, a cura di A. Zanini, trad. it. C. Cozzo, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1991; Smith, Adam, Teoria dei sentimenti morali, 1759/1790, a cura di E. Lecaldano, trad. it. S. Di Pietro, Milano, BUR, 1995; Smith, Adam, La teoria dei sentimenti morali, a cura di R. Bonfiglioli e D. Felice, trad. it. R. Bonfiglioli, Milano-Udine, Mimesis, 2024.

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