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Questo libro tenta di convincere non del fatto che il lavoro è la questione filosofica più importante bensì, più modestamente, che Dewey ha concepito il lavoro come una questione decisiva, e lo ha fatto per via degli orientamenti fondamentali del suo pensiero 

(E. Renault, p. 16)

Non si è fatto in tempo a recensire Le travail et ses problèmes. Biologie, sociologie et politique chez John Dewey (Librairie Philosophique J. Vrin, pp. 214), uscito nell’autunno del 2022, che Emmanuel Renault ha già pubblicato un nuovo volume: Abolir l’exploitation (La Découverte, 2023). L’interesse che ha suscitato quest’ultimo, persino al di là della sfera accademica, non oscuri i meriti di Le travail et ses problèmes, che è ben più di una originale monografia su John Dewey. 

Emmanuel Renault, professore di filosofia all’Université Paris Nanterre e membro dell’Institut Universitaire de France, è autore di saggi come Souffrances sociales (2008) e L’expérience de l’injustice (2017). È tra i principali esponenti della corrente francese della teoria critica di stampo francofortese e ha condotto il progetto «Approches philosophiques de la centralité du travail»

Le travail et ses problèmes rientra nel programma di ricerca che Renault conduce da qualche anno («Dewey avec Hegel. Perspectives historiques et contemporaines») e oltre ad alcune traduzioni (Dewey 2016) segue una corposa serie di articoli incentrati sul pragmatista americano. Ci si sarebbe potuti attendere, quindi, una banale raccolta di tali articoli; invece, questi ultimi sono usati soltanto come sfondo a cui Renault rimanda puntualmente, per invitare lettrici e lettori ad approfondire certi aspetti della sua interpretazione che altrimenti amplierebbero eccessivamente il volume. 

Si tratta della prima monografia che Renault dedica a John Dewey, dopo quelle su Hegel (2001; 2002; 2015) e Marx (1995; 2014; 2018). La linea d’indagine prescelta è dettata dal tema del lavoro: l’ipotesi è che «i testi di Dewey elaborino una filosofia del lavoro» (p. 12). Egli intende farla emergere e valutare gli effetti euristici che essa ha sugli altri aspetti del pensiero del pragmatista americano. Tuttavia, sarebbe riduttivo considerare Le travail et ses problèmes soltanto come una monografia su Dewey: tanto il suo contenuto quanto l’intento esplicito di Renault fanno sì che il volume offra non solo una specifica chiave di lettura dell’opera di Dewey ma anche un modello teorico che «a partire da Dewey» permette di «riflettere alle differenti maniere di pensare l’importanza del lavoro» (p. 17). In altre parole, Le travail et ses problèmes è orientato su due obiettivi di ordine diverso, uno che si attiene al campo di studi deweyani, l’altro che si inscrive in un più ampio progetto di una rivalutazione filosofica del lavoro.

Per quanto riguarda il primo obiettivo, Renault vuole aprire una nuova via d’accesso all’opera di Dewey. Si tratta di mettere in risalto quella che lui considera essere tanto «la specificità di Dewey rispetto ad altri pragmatisti» (p. 16) quanto «la singolarità della posizione che questi occupa nella storia della filosofia» (p. 17): la sua concezione del lavoro. 

Questa è ingiustamente sottovalutata da chi si occupa di Dewey e di pragmatismo. Renault, quindi, vuole «colmare una lacuna» (p. 16) nei commenti a Dewey, sottolineando le ragioni per le quali gli studi deweyani trascurano il tema del lavoro. Per legittimare la sua interpretazione, la strategia di Renault non prevede tanto la costruzione di argomenti che invalidano le interpretazioni maggioritarie, quanto lo studio diretto dei testi di Dewey, poiché questi sono «sono sufficientemente ricchi e complessi perché differenti interpretazioni siano possibili e compatibili» (p. 16). Renault vuole «leggere Dewey alla lettera» (p. 12), dedicandovisi con «il rigore filologico che meritano i grandi autori» (p. 12). Perciò, Le travail et ses problèmes è caratterizzato da un’ampia e fitta rete di citazioni dai Collected Works e dalle Lectures (se ne potrebbe ricavare una guida per una lettura antologica di Dewey), da cui emerge chiaramente il «peso» del tema del lavoro nella produzione deweyana. 

Ciascuno dei quattro capitoli di cui consta il volume (a cui si aggiungono un’introduzione e una conclusione) mette in questione i pregiudizi che, al contrario, portano a sottostimare tale peso: la teoria generale dell’azione elaborata da Dewey che renderebbe superflua una più specifica teoria del lavoro; la scarsa rilevanza del suo strumentalismo nelle interpretazioni neopragmatiste e il sospetto nei confronti del suo naturalismo di stampo darwinista; la riduzione della filosofia sociale e politica di Dewey a una teoria della democrazia deliberativa e a una filosofia dell’educazione. Al contempo, i quattro capitoli sono organizzati in maniera tale da restituire la complessità dell’approccio deweyano al lavoro. Essi seguono, infatti, le tre dimensioni secondo cui - stando alla ricostruzione proposta da Renault – Dewey esamina tale tema: sotto il profilo di una teoria dell’azione (capitolo 1), sotto quello della valenza biologica e sociale del lavoro (capitoli 2 e 3), sotto quello della sua portata politica (capitolo 4)

Uno dei meriti che Renault attribuisce a Dewey rispetto alla tradizione filosofica occidentale è proprio l’aver sostenuto l’importanza del lavoro sulla base di un’articolazione coerente di suddette dimensioni e non averla affermata unilateralmente, privilegiandone una sola. Dewey, quindi, non appiattisce il lavoro sull’aspetto tecnico ma ne mette in luce anche quelli biologici, psicologici e sociali. Renault gli riconosce altresì il merito di aver affrontato in maniera specifica la vaghezza costitutiva della definizione di «lavoro» in maniera originale: Dewey non vi ha posto argini ristretti, seguendo l’esempio di Aristotele, bensì «ha mobilitato congiuntamente diverse definizioni di lavoro che illuminano dimensioni complementari dell’esperienza del lavoro» (p. 17) (ad esempio, il lavoro come attività strumentale, il lavoro in quanto occupation). Per permettere di saggiare la peculiarità dell’approccio deweyano si può menzionare l’importanza che Dewey attribuisce ai mestieri (cfr. pp. 116-125): essi sono «la forma principale dell’equilibrio tra interessi particolari e l’interesse collettivo» (p. 118) ed una «teoria del lavoro» deve considerarli e descriverli in tutta la loro varietà e molteplicità perché sia «convincente» e critica (p. 123).

Tramite la lente del tema del lavoro, Renault esamina anche il rapporto di Dewey con Hegel, Darwin e Marx. A proposito del primo, Renault sostiene che «il complesso dei problemi legati al lavoro conduce a mettere in luce aspetti che generalmente non vengono rilevati» (p. 104) del «residuo hegeliano» ammesso da Dewey stesso nei suoi testi; in particolare, ciò permette a Renault di scartarsi dall’interpretazione di Richard Rorty per quanto riguarda il rapporto del pragmatista con Hegel e Darwin (cfr. pp. 105-109). Del biologo inglese, poi, Renault evidenzia tanto l’influenza su Dewey (ad esempio, nella definizione dell’essere umano come homo faber) quanto infedeltà di quest’ultimo nei suoi confronti (gli argomenti contro il darwinismo sociale divergono da quelli sviluppati da Darwin). Infine, i termini secondo cui Renault imposta la discussione circa il rapporto tra Dewey e Marx non sono né quelli dell’eredità né quelli dell’influenza, bensì quelli della compatibilità delle loro posizioni. Dewey avec Marx? è uno dei paragrafi di Le travail et ses problèmes: la risposta pare affermativa, dato che sia le critiche di Dewey a Marx sia quelle marxiste a Dewey non toccano i punti essenziali (resta intatto il ruolo che entrambi attribuiscono al lavoro, ad esempio) o non reggono a un’attenta lettura dei testi. 

Oltre all’obiettivo attinente agli studi deweyani, l’obiettivo di ordine diverso a cui Renault mira è servirsi di Dewey per proseguire la ricerca di una proposta filosofica che rivaluti il lavoro quale problema filosofico. Questo intento innervava già l’Histoire philosophique du travail (Fischbach et alii 2022) da lui curata così come in The Return of Work (Dejours et alii 2018). A tale scopo, John Dewey si rivela un autore persino più utile del trittico «Hegel, Marx, Arendt» poiché – questo si legge nella prima pagina di Le travail et ses problèmes – Dewey li «soppianta, per la varietà dei suoi approcci al lavoro così come per la lotta sistematica contro i pregiudizi sociali e filosofici che lo hanno devalorizzato» (p. 9). In questa monografia, dunque, pur nel rigoroso e costante confronto con i testi, l’interesse dell’interprete non è mai tenuto nascosto.

Si guardi alla metafora della «centralità del lavoro» che ricorre lungo tutto l’arco di Le travail et ses problèmes e che Renault riferisce più volte alle tesi di Dewey. Nell’Introduzione, Renault spiega che tale tropo è d’uso nell’ambito delle scienze umane del lavoro per indicare l’importanza cruciale di quest’ultimo (il riferimento è a Castel 1998 e Dejours e Deranty 2010). Di questa metafora, Renault rinviene almeno due occorrenze anche in Dewey, il quale si riferisce al lavoro come un’«asse»: un’altra metafora secondo cui esso organizza e ordina vita (cfr. p. 19). Ciò lo rende «uno dei rari filosofi» (p. 19) che ritengono il lavoro così decisivo e, in effetti, Renault dimostra che «gli si può attribuire la tesi di una doppia centralità, psicologica e sociale, del lavoro» (p. 22). Stando all’interpretazione proposta in Le travail et ses problèmes, Dewey si attesta su posizioni vicine a quelle delle più recenti scienze umane del lavoro, ma non solo: l’approccio deweyano sarebbe una valida trasposizione di queste ultime in ambito filosofico. Ne è un esempio l’argomentazione deweyana a proposito della «centralità psicologica del lavoro», che presenta alcune affinità con il modello psicodinamico sviluppato da Christophe Dejours (cfr. Dejours 2008) e di cui Renault si è servito in altri saggi (cfr. Renault 2008; Renault 2017b). 

Invece, non si può attribuire a Dewey la tesi della «centralità politica» del lavoro. Renault insiste su questo: sarebbe riduttivo rispetto agli obiettivi del programma e della strategia politica di Dewey, Sebbene il lavoro occupi una casella importante anche sullo scacchiere dei processi politici, al massimo gli viene attribuito un «privilegio strategico» (p. 163), motivato, tra le altre ragioni, dal fatto che l’«esperienza del lavoro» può servire a federare gruppi sociali diversi. Sottolineando che per Dewey non valga la tesi della centralità politica del lavoro, Renault vuole stabilire che per il pragmatista americano, dal punto di vista politico, la trasformazione della struttura economica della società è più importante di quella del lavoro. In altri termini, sebbene la democratizzazione della società non possa prescindere dalla democratizzazione dell’industria in quanto «una delle sfere sociali in cui l’arbitrarietà del potere personale è […] istituzionalizzato» (p. 177), nondimeno «la democratizzazione del lavoro è subordinata alla democratizzazione dell’economia» (p. 169), e Renault mostra (cfr. pp.169-176) che il progetto deweyano di quest’ultima è «meno indeterminato di quel che si dice di solito» (p. 173). 

Per quanto non si possa parlare di «centralità politica» del lavoro, la posta in palio politica è comunque elevata: dalla democratizzazione del lavoro dipende l’autonomia dei lavoratori e il loro «riappropriarsi» l’attività che svolgono, così come la formazione di abitudini democratiche. A tal proposito, Renault osserva (p. 115) che si tratta di un controsenso ritenere che Dewey abbia considerato le istituzioni educative formali il solo vettore di democrazia: il concetto di educazione da lui mobilitato è estensivo e, quindi, anche l’educazione informale, come quella che avviene in ambito lavorativo, è determinante dal punto di vista della pratica democratica. 

Questa è un’ulteriore ragione dell’attualità di Dewey secondo Renault. Stando alla sua ricostruzione, infatti, la «democratizzazione del lavoro» trova in Dewey due giustificazioni: quella politica, in quanto, per l’appunto, «un lavoro democratizzato condiziona lo sviluppo di abitudini democratiche al di fuori dell’ambito lavorativo» (p. 183) e perciò permetterebbe di realizzare l’ideale di una società democratica; e quella etica, in quanto miglioramento della «esperienza del lavoro» (p. 182), derivante da una maggiore autonomia e possibilità di appropriarsi del lavoro. La coordinazione di queste due giustificazioni è un elemento di originalità rispetto ai dibattiti attuali sulla cosiddetta workplace democracy, nei quali esse sono contrapposte (il riferimento di Renault qui è Frega et alii 2019).

Renault, dunque, propone una monografia su Dewey che può interessare ed essere utile anche a chi non si occupi strettamente di pragmatismo. Titolo e sottotitolo del volume lo indicano chiaramente: chi cerchi uno studio sulla biologia, la sociologia e la politica di Dewey vi troverà un approccio originale e minoritario, incentrato sul lavoro. Ma questa monografia su Dewey merita l’attenzione anche di chi si interroghi sul lavoro, la sua definizione e il suo ruolo, di cui troverà un modello di analisi filosofica basato sul pragmatismo deweyano. 

Armando Arata

Bibliografia

Castel R. (1998), «Centralité du travail et cohésion sociale» in Le monde du travail, a cura di Kergoat J. et alii, La Découverte, Paris, pp. 50-65.

Dejours C. (2008), Travail vivant, 2 vol., Payot, Paris. 

Dejours C., Deranty J.P. (2010), «Centrality of Work» in Critical Horizons, vol. 11, n°2, pp. 167-180.  

Dewey J. (2016), L’influence de Darwin sur la philosophie et autres essais, a cura di Chataigné-Pouteyo L., Gautier C., Madelrieux S., Renault E., Gallimard, Paris. 

Fischbach F., Merker A., Morel P.-M., Renault E. (a cura di) (2022), Histoire philosophique du travail, Librairie Philosophique J. Vrin, Paris.  

Frega R., Herzog L., Neuhäuser C. (2019), “Workplace Democracy – the Recent Debate” in Philosophy Compass: https://doi.org/10.1111/phc3.12574).  

Renault E. (1995), Marx et l’idée de critique, PUF, Paris (tr. it., Marx e l’idea di critica, Manifesto Libri, Genova, 1999). 

Renault E. (2001), Hegel. La naturalisation de la dialectique, Librairie Philosophique J. Vrin, Paris. 

Renault E. (2002), Philosophique chimique. Hegel et la science dynamiste de son temps, PUB, Bordeaux.

Renault E. (2008), Souffrances sociales. Sociologie, psychologie et politique, La Découverte, Paris. 

Renault E. (2014), Marx et la philosophie, Presses Universitaires de France, Paris. 

Renault E. (2015), Connaître ce qui est. Enquête sur le présentisme hégelien, Librairie Philosophique J. Vrin, Paris.  

Renault E. (2017a), L’expérience de l’injustice. Reconnaissance et clinique de l’injustice, La Découverte, Paris (trad. ing.: The Experience of Injustice. A Theory of Recognition, Columbia University Press, New York, 2019). 

Renault E. (2017b), Reconnaissance, conflit, domination, CNRS Éditions, Paris. 

Renault E. (2018), Marx and Critical Theory, Brill, Leiden. Renault E. (2023), Abolir l’exploitation. Expériences, théories, stratégies, La Découverte, Paris.

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