Siamo a Los Angeles, nella funeral home della famiglia Fisher: la serie tv[1] si apre con la morte del patriarca e prosegue con il cordoglio dei familiari e con le loro diverse reazioni al lutto.
Pur essendo girato per un pubblico di massa, Six Feet Under tratta in modo esplicito oltre che ironico argomenti che oggi sembrano essere diventati tabù, come la morte e il cordoglio ma anche e soprattutto il dolore che ne consegue. Infatti, le caratteristiche psicologiche e sociali dei personaggi sono l’occasione per trattare il tema della morte in modo pedagogico e per offrire allo spettatore un’interpretazione circa il modo di reagire al lutto.
Personaggi e opposizioni valoriali
L’opposizione basilare attorno alla quale si sviluppa la narrazione della serie è quella tra i diversi modi di percepire e comunicare la morte, spesso indicativi anche del modo di intendere e comunicare la vita. Nella serie queste due polarità sono rappresentate principalmente da David e Nate, fratelli che ereditano dal padre la professione di funeral director.
Se da un lato David interpreta la morte e i riti funebri con il distacco asettico, rispettoso e professionale di chi pensa che il lutto vada vissuto in privato senza dare spettacolo del proprio dolore, dall’altro Nate vive con oppressione l’insieme delle norme che regolano socialmente il trapasso e offre la propria partecipazione emotiva sostenendo che il dolore non debba essere trattenuto e non sia cosa di cui vergognarsi. In entrambi i casi, tuttavia, la risposta emotiva al lutto, proprio o di altri, è dettata da una genuina simpatia umana: la serie propone una morale disinteressata basata sulla compassione (patire-con) e sulla consapevolezza che, in ultima analisi, la morte più che ogni altra cosa riguardi tutti.
Nell’articolo Coming Out of the Coffin: Life-Self and Death-Self in Six Feet Under (Shoshana - Teman, 2006, p. 559), che propone una lettura della serie televisiva, viene esposto un concetto centrale della sociologia della morte: la “sepoltura” della morte stessa, in quanto la morte mina la logica della modernità che celebra il controllo, il progresso e la guarigione. Il risultato di questa logica propria della modernità e degli studi riguardanti la morte è che vita e morte costituiscono binari opposti sia nella società moderna sia nelle scienze sociali.
Secondo la tesi sostenuta nell’articolo, la rappresentazione simbolica di vita e morte occupa una posizione centrale nella logica dei personaggi, che interpretano le loro stesse realtà in termini di vita e morte percependo se stessi e i propri significant others in termini di life-types e death-types.
Il lavoro identitario dei personaggi consiste allora nel tentativo di associarsi a persone e luoghi che ritengono appartenere alla categoria del vitale e distanziarsi invece da ciò che considerano mortuario. Si possono dunque distinguere due tipi ideali di identità: il life-self e il death-self.
La suddivisione dei personaggi in life e death types non deve però essere troppo rigida. La tesi fondante dell’articolo di Shoshana e Teman si può riassumere in questo: non esiste una relazione dicotomica tra i tipi identitari, quanto piuttosto un movimento costante tra l’uno e l’altro, che origina significato. La relazione tra i tipi identitari, dunque, viene definita nei termini di “movimenti transitori” (Shoshana – Teman, 2006, pp. 568-570).
La società (in questo caso americana, ma il ragionamento si può estendere a tutta la società delle Information Communication Technologies) propone un percorso unilaterale di crescita personale (dalla distruzione al rinnovamento, dalla repressione alla libertà, dal death-self al life-self) e i personaggi tentano proprio una trasformazione unilaterale verso il raggiungimento o il mantenimento del life-self, andando incontro a un fallimento che porta in primo piano un concetto sovversivo delle promesse della società moderna: non c’è un percorso unilaterale e l’identità non è sinonimo di stabilità.
La logica dei movimenti transitori è fluida: i tipi identitari (life-self e death-self) non si muovono secondo una logica dicotomica, ma attraverso movimenti costanti tra un tipo e l’altro, che agiscono in modo non lineare ma bilaterale. Questo concetto sottolinea il movimento cronico tra due categorie fisse (vita e morte) che attribuisce significato alla percezione dell’identità personale.
La notizia: i personaggi nell’episodio pilota
Le scene dell’episodio pilota prese in considerazione sono quelle in cui i personaggi reagiscono alla comunicazione della morte di Nathaniel Fisher (il patriarca). Sono queste le scene che presentano i personaggi principali della serie, ognuno dei quali reagisce in modo conforme al proprio life-self o death-self.
Ruth Fisher[2], la moglie
Ruth O’Connor Fisher è una donna di mezz’età che tiene per sé le proprie emozioni e assume un ruolo subordinato, pur lasciandosi andare a volte a sfoghi inaspettati. È la prima a ricevere la notizia: sta estraendo dal forno l’arrosto di Natale quando squilla il telefono.
Ruth: Hello. [Episode 1 - 00:07:05,630 à 00:07:07,109]
Ruth: This is Ruth Fisher. [Episode 1 - 00:07:07,870 à 00:07:10,384]
Ruth: Yes, I’m his wife. [Episode 1 - 00:07:10,590 à 00:07:12,387]
Ruth: What is this about? [Episode 1 - 00:07:12,590 à 00:07:14,899]
Ruth: What?! [Episode 1 - 00:07:15,911 à 00:07:17,902]
A questo punto la donna scaraventa per terra il telefono, l’arrosto e i soprammobili della cucina, gridando in un accesso di rabbia e incredulità. L’attenzione si sposta su David, il secondogenito, che sta presenziando a un funerale quando sente le grida della madre provenire dal piano di sopra. Sentendo la confusione proveniente dalla cucina si scusa e, con un’aria imbarazzata che risulta comica, va a controllare. Quando raggiunge la madre al piano superiore, lei è seduta in un angolo e si stringe le ginocchia con le mani.
Ruth: There’s been an accident. [Episode 1 - 00:07:42,913 à 00:07:45,985]
Ruth: The new hearse is totaled. [Episode 1 - 00:07:46,193 à 00:07:49,105]
Ruth: Your father is dead. [Episode 1 - 00:07:49,593 à 00:07:52,426]
Ruth: Your father is dead, and my pot roast is ruined. [Episode 1 - 00:07:52,794 à 00:07:57,709]
Nell’interpretazione proposta da Shoshana e Teman in Coming Out of the Coffin, il tratto distintivo dell’identità di Ruth consiste nel tentativo di rinunciare alla propria personalità passata per acquisirne una nuova. Ruth vede il suo passato come morte, espressione del suo esclusivo concentrarsi sugli altri, della sua dipendenza dagli altri, dei segreti che era costretta a nascondere (come la sua relazione adultera), della mancanza di intimità con suo marito e con i suoi figli. Veste in modo dimesso e fuori moda, dagli altri viene considerata spesso ingenua e talvolta inopportuna (tanto che i giovani Fisher la tengono deliberatamente all’oscuro delle loro faccende, cosa di cui lei si lamenta in diverse occasioni). Nonostante si occupi febbrilmente del benessere dei suoi figli, spesso le sue azioni sono mosse dal desiderio egoistico di non rimanere sola. Il death-self di Ruth si costituisce attraverso la percezione che di lei hanno i suoi significant others. La sua famiglia la vede come una maniaca del controllo, sola, strana e triste, ma lo schema del suo death-self si esprime nell’immagine che il personaggio stesso ha di sé: Ruth si considera una vittima che ha sacrificato se stessa, come qualcuno la cui vita sia stata dettata da altri anziché liberamente scelta.
Nate Fisher[3], il figlio maggiore
Nate, che porta il nome del padre, è il primo dei tre figli di Nathaniel e Ruth Fisher, impegnato in una relazione sentimentale con Brenda Chenowith (conosciuta sull’aereo per Los Angeles mentre raggiunge la famiglia per passare insieme il Natale). Nate vive da alcuni anni a Seattle, dove lavora come manager in una multinazionale di alimenti biologici. Sin dall’infanzia è stato il figlio che non poteva tollerare la presenza di cadaveri nella propria casa e che non pensava che l’attività di famiglia facesse al caso suo. La morte del padre gli sconvolgerà la vita in quanto, dapprima per accondiscendere al desiderio della madre di averlo a casa ancora per qualche giorno, poi per tenere viva l’attività di famiglia, Nate rimarrà a Los Angeles e diventerà un funeral director. Quello di Nate è un personaggio improntato al life-self: aperto, passionale ed emotivo. Non si vergogna delle proprie azioni ed è critico nei confronti delle vite soffocanti e troppo riservate dei suoi familiari. Una caratteristica centrale di questo personaggio è la paura della morte, che cerca di superare confrontandocisi quotidianamente.
Nel corso del primo episodio, il personaggio viene presentato allo spettatore in una circostanza particolare: si è appena intrattenuto con Brenda, conosciuta all’aeroporto, quando squilla il telefono. Nate pensa che a chiamarlo per portarlo a casa a festeggiare il Natale sia suo padre, mentre invece si tratta di David.
Nate: Hey, Dad. [Episode 1 - 00:08:53,398 à 00:08:54,877]
Nate: Oh, Dave, hey. Merry Christmas. [Episode 1 - 00:08:55,078 à 00:08:59,072]
Nate: Of course I’m okay. Couldn’t be better in fact. [Episode 1 - 00:08:59,279 à 00:09:04,114]
Nate: What? [Episode 1 - 00:09:09,760 à 00:09:11,637]
David: I’m so sorry, Nate. I hate to have to be the one to tell you. [Episode 1 - 00:09:13,400 à 00:09:17,632]
Il personaggio è governato da un life-self che denota sicurezza di sé e positività anche nel momento in cui riceve la notizia. Guidato dalla forza interiore che lo caratterizza (seppure incrinata dalle più grandi debolezze di Nate: la paura della morte e la sensazione di vivere la propria vita da “turista”) si fa accompagnare da Brenda all’obitorio, dove incontrerà la madre e Claire, per identificare il cadavere del padre.
Claire Fisher[4], la figlia minore
Claire, la terza figlia di Ruth e Nathaniel, è la più giovane protagonista della serie. Claire è un’adolescente ribelle che sperimenta droghe e pessime relazioni sentimentali, mossa da un’ansia esistenziale che sfocerà in un talento artistico travagliato. È legata alla sua famiglia e in particolar modo a Nate, visti i caratteri affini. Nate e Claire rappresentano il life-self: sono liberi, scatenati e passionali; non seguono i dettami della società quanto piuttosto un loro proprio percorso basato sulla curiosità, lo spirito d’avventura e l’apertura alla sperimentazione. Non temono di vivere e divertirsi, esprimere le emozioni apertamente, sperimentare l’intimità e dire ciò che pensano. Il loro linguaggio è arricchito da espressioni gergali e imprecazioni.
I Fisher e la stessa Claire vedono questo personaggio come un esterno, una “persona extra”. Claire esprime la sua diversità considerandosi una freak; persino i suoi compagni di scuola la vedono così e le attribuiscono nomignoli come “Morticia”, bollandola come la ragazza che vive in una funeral home e guida un carro funebre per andare a scuola. Claire rinforza questa immagine isolandosi dai suoi compagni e denigrandoli per la loro mentalità da adolescenti. Soprattutto, secondo Shoshana e Teman, Claire è terrorizzata all’idea di vivere la sua vita come una tipica Fisher. È spaventata all’idea di assorbire la morte, il silenzio e l’inerzia della sua famiglia, ma anche di diventare una conformista, invecchiando, e di perdere la sua creatività. I suoi tentativi di sviluppare un life-centred-self si esprimono in tre filoni di azioni: le esperienze con i ragazzi, l’arte e le droghe.
La prima comparsa di Claire sullo schermo, durante il primo episodio della serie, la vede a una festa con alcuni amici. Ha appena assunto dello speed (sospettando che si tratti in realtà di crack) quando David le telefona.
Claire: Hello? David, hi. [Episode 1 - 00:10:09,004 à 00:10:12,441]
Claire: Hang on a second. [Episode 1 - 00:10:12,645 à 00:10:13,919]
Claire: So is Nate there yet? [Episode 1 - 00:10:18,765 à 00:10:20,721]
David: No, he’s still at the airport. Claire, I’ve got bad news. [Episode 1 - 00:10:20,925 à 00:10:25,954]
Claire: What? [Episode 1 - 00:10:26,206 à 00:10:27,719]
Claire: Yeah, sure. [Episode 1 - 00:10:39,527 à 00:10:41,404]
Claire: Okay, I’m on my way. [Episode 1 - 00:10:41,607 à 00:10:44,280]
Claire reagisce alla situazione in maniera conforme alla sua tipologia di personaggio: si arrabbia e si libera degli ostacoli (in questo caso Gabe, il ragazzo che frequenta, che tenta di farla rimanere al party) per seguire le istruzioni di David. Come Nate, Claire è caratterizzata da un life-self che le consente di passare immediatamente all’azione: deve caricare sua madre in macchina e portarla all’obitorio.
Claire: I have to go. [Episode 1 - 00:10:51,808 à 00:10:54,083]
Gabe: No fucking way! [Episode 1 - 00:10:54,288 à 00:10:56,756]
Claire: Excuse me. [Episode 1 - 00:10:56,756 à 00:10:56,968]
Gabe: Wait, wait, wait, wait. [Episode 1 - 00:10:56,968 à 00:10:58,686]
Gabe: You’re coming back, right? [Episode 1 - 00:10:59,888 à 00:11:03,040]
Claire: I don’t think so. [Episode 1 - 00:11:03,040 à 00:11:03,249]
Claire: My dad just got hit by a bus, and it broke his neck, and he’s dead. [Episode 1 - 00:11:03,249 à 00:11:09,688]
Claire: I gotta pick up my mom and bring her to the morgue so she can identify his body. [Episode 1 - 00:11:10,329 à 00:11:15,279]
Claire: No, I’m not kidding. This is actually happening. [Episode 1 - 00:11:18,730 à 00:11:22,245]
Claire: And now I’m high on crack! [Episode 1 - 00:11:22,450 à 00:11:23,678]
Gabe: Crystal. [Episode 1 - 00:11:24,050 à 00:11:25,928]
Claire: Whatever! [Episode 1 - 00:11:25,928 à 00:11:26,131]
Claire: So I guess this whole hellish experience I’m about to go through... [Episode 1 - 00:11:26,131 à 00:11:29,726]
Claire: is just gonna burn a little brighter now, right? [Episode 1 - 00:11:29,931 à 00:11:32,206]
Claire: Great! Thank you! Fuck! [Episode 1 - 00:11:32,411 à 00:11:36,086]
David Fisher[5], il secondogenito
David è il secondogenito di Nathaniel e Ruth Fisher e da sempre gestisce assieme al padre l’attività di famiglia. Secondo l’interpretazione di Shoshana e Teman la sessualità è il tema centrale dell’identità di David: è in costante lotta con i suoi desideri e permette ai suoi segreti di gettare un’ombra sulla sua vita quotidiana. Pensa che se riuscirà a dichiarare la sua identità potrà imparare a vivere: infatti è omosessuale e in principio tanto discreto da nascondersi anche ai familiari. Anche per questo il personaggio rappresenta il death-self, tanto che i fantasmi dei cadaveri che imbalsama (surreali invenzioni dei protagonisti, specchio dei loro pensieri e delle loro inquietudini, con i quali interloquiscono frequentemente e che sono esposti in scena come personaggi reali) lo considerano più morto di loro. Dal canto suo, David comunica con i fantasmi dei morti in modo naturale e confortevole.
È nell’interazione con i personaggi rappresentativi del life-self (come il suo fidanzato Keith) che David si rende conto di essere talvolta represso e morboso. Contrariamente a David, Keith è orgoglioso della propria natura omosessuale e non la nasconde. Entrambi sono molto religiosi, ma se per Keith questo non costituisce un conflitto con la sua sessualità (frequenta per esempio una chiesa molto progressista) per David invece è un grosso problema (aggravato dal fatto che gli viene chiesto di coprire la posizione di diacono, tenuta da suo padre prima di lui, nella chiesa conservatrice che frequenta abitualmente).
Dopo il ritorno di Nate e la morte del padre, David è evidentemente insoddisfatto dal testamento che lascia l’attività ai due figli in parti uguali, soprattutto perché si percepisce come una vittima che ha sacrificato la propria vita per il bene della famiglia, intrappolato nel ruolo del bravo figlio perché quello del “figliol prodigo” è già stato occupato da Nate. I significant others di David lo considerano rigido, amaro, pretenzioso, eccessivamente drammatico e ipocrita, critico, razionale e maniaco del controllo. Nell’attività di famiglia è percepito come poco talentuoso e puntiglioso.
Le differenze tra i due fratelli sono evidenti in particolar modo in due contesti: il funerale del padre e il modo di trattare con i clienti che vivono il lutto. Mentre David pensa che il cordoglio debba, e voglia, essere vissuto in privato (infatti conduce i clienti in lacrime in una stanzetta privata), Nate crede che il dolore debba essere caotico ed emotivo, non pulito e ordinato (abbraccia i clienti, li tiene per mano e piange con loro).
Nathaniel Fisher[6], il patriarca
Padre di Nate, David e Claire, Nathaniel muore nel primo episodio ma, pur comparendo solo sotto forma di allucinazione o fantasma, è un personaggio importante in quanto rispecchia lo spirito caustico della serie. Nathaniel Fisher è estremamente ironico e disinteressato, tanto da essere accusato dalla moglie di essere un marito e un padre distante. In una serie di flashback, tuttavia, risulta evidente che si tratta invece di una persona con un differente ordine di priorità: pensa che quello di consolare le persone nel momento del lutto sia un dono, ma non per questo la sua vita viene condizionata dal dolore che lo circonda; risulta invece essere allegro e addirittura spensierato, cinico ma caritatevole e sempre mosso da un senso della realtà improntato alla praticità.
Tra i vari personaggi, pare, solo Nathaniel-padre riesce (o, per meglio dire, riusciva) a rapportarsi con la morte senza esserne schiacciato o quantomeno destabilizzato. Quando Nate identifica il corpo del padre all’obitorio ha la prima allucinazione: il medico che l’ha accompagnato a identificare il corpo prende le sembianze del defunto ed esprime un concetto basilare.
Nathaniel Fisher: Well, well… [Episode 1 - 00:18:14,483 à 00:18:16,553]
Nathaniel Fisher: the prodigal returns, [Episode 1 - 00:18:16,763 à 00:18:18,994]
Nathaniel Fisher: this is what you’ve been running away from your whole life, buddy-boy. [Episode 1 - 00:18:19,204 à 00:18:22,674]
Nathaniel Fisher: Scared the crap out of you when you were growing up, didn’t it? [Episode 1 - 00:18:22,884 à 00:18:25,796]
Nathaniel Fisher: And you thought you’d escape, well, guess what? [Episode 1 - 00:18:26,964 à 00:18:31,163]
Nathaniel Fisher: Nobody escapes. [Episode 1 - 00:18:31,565 à 00:18:33,715]
Il padre morto dà voce alla più grande paura di Nate, condivisa da tanti e dalla nostra stessa società. In questo caso è anche una promessa per lo spettatore: la serie parlerà della morte e del lutto, lo farà senza censure andando a scavare nei terrori dell’uomo moderno senza riguardo a qualsivoglia tabù, offrendo la propria interpretazione dell’evento che, più di ogni altro dopo la nascita, accomuna tutti gli esseri umani.
Bibliografia
Shoshana, A. - Teman, E. (2006). Coming Out of the Coffin: Life-Self and Death-Self in Six Feet Under. Symbolic Interaction, vol. 29(4), pp. 557-576
[1] Prodotta dalla HBO, girata da Alan Ball e andata in onda negli Stati Uniti dal 2001 al 2005.
[2] Interpretata da Frances Conroy che per Six Feet Under vince nel 2004 il Golden Globe come miglior attrice in una serie drammatica e lo Screen Actors Guild Award come miglior attrice protagonista in una serie drammatica.
[3] Interpretato da Peter Krause.
[4] Interpretata da Lauren Ambrose.
[5] Interpretato da Michael C. Hall.
[6] Interpretato da Richard Jenkins
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