Le Baphomet di Pierre Klossowski, pubblicato nel 1965, si potrebbe definire uno dei romanzi più insoliti del secolo scorso. Ricordiamo che l’autore non era soltanto un raffinato romanziere, ma anche un saggista e filosofo, un traduttore (dal latino e dal tedesco) e persino un pittore-disegnatore. Le Baphomet ha costituito, al momento della sua comparsa, un prodotto letterario imprevedibile persino da chi conoscesse già i testi narrativi pubblicati da Klossowski in precedenza. Essi, infatti, erano ambientati in epoca contemporanea, mentre il romanzo in questione ci riporta, almeno in prima istanza, al Medioevo. Ma Le Baphomet presenta anche implicazioni di natura filosofica, come si intuisce già dal fatto che reca una dedica a Michel Foucault, pensatore che stimava molto gli scritti klossowskiani. Il libro presenta una trama complessa (anche perché articolata su piani temporali diversi), che tuttavia può essere chiarita grazie alle informazioni fornite dall’autore in alcuni scritti o interviste. L’opera inizia con un prologo che «introduce i personaggi reali o immaginari di una situazione storica determinata (l’anno 1307), che riguarda un ambiente sociale e spirituale (l’ordine dei Templari) – ossia un evento preciso della storia di Francia: la distruzione dell’ordine da parte di Filippo il Bello – in questo senso, il prologo sarebbe quello di un romanzo pseudostorico del genere “Walter Scott”. Il capo d’accusa – principale pretesto della distruzione dell’ordine da parte del re per impadronirsi delle ricchezze del Tempio – è il supposto culto sodomita di un idolo: il Bafometto – in realtà, nome chiave di una dottrina esoterica, ovvero alchimistica, praticata in seno all’ordine. L’azione preliminare del prologo culmina nella descrizione di un rito di questo culto». È vero in effetti che tra le accuse, vere o false che fossero, rivolte ai Templari, vi era quella di essere dediti alla sodomia e a cerimonie quasi sataniche. Se ne trova traccia anche in testi letterari dell’epoca, come il Roman de Fauvel (non a caso scritto da appartenenti alla Cancelleria Reale parigina). Dei Templari vi si dice fra l’altro: «Adesso sono diventati eretici / e peccatori contro natura. / Il mio cuore s’affligge e si duole / perché nelle catene del demonio / sono rimasti tanto a lungo: / c’erano dentro tutti fino al collo. / Sono oramai più di cent’anni pieni / da quando hanno iniziato le loro malefatte. / Tra loro avevano dato vita a un ordine / così orribile e vile, così sozzo / che dirlo fa spavento: / quando accoglievano qualcuno / subito gli facevan rinnegare Dio, / ed oltraggiare Gesù e la croce, / perché imponevano di sputarvi sopra. / Baci fra loro si davan sul didietro: / che statuto veramente immondo! / Ah, come infelicemente nacquero da Adamo, / perché saranno tutti dannati, dispersi ed abbattuti».
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Giuseppe Zuccarino è critico e traduttore. Ha pubblicato vari saggi: La scrittura impossibile, Genova, Graphos, 1995; L’immagine e l’enigma, ivi, 1998; Critica e commento. Benjamin, Foucault, Derrida, ivi, 2000; Percorsi anomali, Udine, Campanotto, 2002; Il desiderio, la follia, la morte, ivi, 2005; Il dialogo e il silenzio, ivi, 2008; Da un’arte all’altra, Novi Ligure, Joker, 2009; Note al palinsesto, ivi, 2012; Il farsi della scrittura, Milano-Udine, Mimesis, 2012; Prospezioni. Foucault e Derrida, ivi, 2016. Tra i libri da lui tradotti figurano opere di Mallarmé, Bataille, Klossowski, Blanchot, Caillois e Barthes. Ha inoltre curato un fascicolo monografico della rivista «Riga» (n. 37, 2017) dedicato a Maurice Blanchot.