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STORIE SEGRETE DELLA SCIENZA
Recensioni / Aprile 2024Pubblicata per la prima volta nel 1995 con il titolo Hidden Histories of Science, l’editore Mimesis ripropone questa raccolta di saggi inerenti ad aspetti poco considerati dell’attività scientifica. Il volume Storie segrete della scienza. Accelerazioni, battute d’arresto e serendipità – che raccoglie contributi di Oliver Sacks (1933-2015), Stephen Jay Gould (1941-2002), Jonathan Miller (1934-2019), Daniel J. Kevles (1939-) e Richard C. Lewontin (1929-2021) – si inserisce nell’ambito degli STS Studies, branca della sociologia volta a riconsiderare la pratica scientifica non come un’attività astratta ma come un sapere situato e, in quanto tale, soggetto a errori. Il rischio che si corre quando si parla di “scienza” è infatti quello di pensare a un processo lineare, costellato da continui successi e miglioramenti; la realtà dei fatti è assai diversa: la storia della scienza è caratterizzata – per riprendere il titolo di questo libro – da continue accelerazioni ma anche da altrettante battute d’arresto che mostrano il suo carattere fallibile. L’incertezza quando parliamo di scienza non è necessariamente un difetto, significa semplicemente «rifiutare le risposte facili: le risposte facili che pretendono di essere definitive metteranno a tacere per un po’ le nostre paure, lasciandoci nei guai più di prima. […] Quando una star indiscussa della fisica teorica del Novecento come Feynman racconta di sé e del proprio mestiere, lo fa dalla parte della scienza, ma senza alimentare miti, semmai invitandoci ad accettare la sfida di convivere con l’incertezza per osare sempre un po’ di più nella conoscenza» (Govoni, 2019, p. 21).
La volontà di non accontentarsi delle risposte ovvie è il tema del saggio di Miller, intitolato Perdere conoscenza. Analizzando gli studi di James Braid, Miller mostra come l’avanzamento della scienza (in questo caso medica) possa avvenire anche quando si va contro le massime autorità di un determinato settore. Il chirurgo scozzese – dopo aver assistito a una dimostrazione di “magnetismo animale” ad opera di Lafontaine il 13 novembre 1841 – si convinse dell’infondatezza di questa pratica. Il “sonno nervoso” non veniva causato – come suggeriva il filosofo e medico tedesco Franz Anton Mesmer – dall’influenza della gravità celeste veicolata dalla sostanza eterea che il medico esercitava sul paziente ma da fattori biologici che il cervello sovraccaricato sperimenta. Questo azzardo di Braid – in contrasto con le popolari teorie mesmeriane – gettò le basi per la psicoanalisi freudiana e le moderne teorie di ipnosi.
Possiamo quindi definire la ricerca scientifica come un’impresa che richiede coraggio e, molte volte, il saper prendere dei rischi. Nel saggio Sfida all’impopolarità: una storia di coraggio, virus e cancro, lo storico della scienza Kevles narra alcune tappe fondamentali della lotta ai tumori. Figure chiave della biologia come Gross, Rous, Bittner e Klein seppero tutti dare dei contributi essenziali alla ricerca di una cura contro il cancro. Nel lavoro di Kevles emerge il carattere storico, ma anche cumulativo della ricerca scientifica; come scrive l’autore di questo saggio: «I meccanismi del cancro umano verranno svelati da quel genere di progresso, graduale e spesso tortuoso, legato alla ricerca sugli organismi umani e non umani, che è stato ottenuto fino a oggi – quel tipo di progresso che ci permette di affermare, diversamente da Samuel Gross più di un secolo fa, che sappiamo alcune cose sul cancro; e che probabilmente ne sapremo molte di più tra un secolo» (p. 129).
Una sintesi degli aspetti nominati finora si trova in Scotoma: oblio e omissione nella scienza, scritto di Sacks in cui si analizza la scotoma in una prospettiva diacronica. Gli studi su questa problematica legata alla vista hanno vissuto uno storia particolare: le prime ricerche sulla scotoma erano ancora legate a un’immagine meccanicista del mondo, escludendo ogni forma di plasticità da parte degli organismi; tutto questo si tradusse in una visione riduzionista di questo fenomeno biologico. Tale approccio venne messo in discussione da Elkhonon Goldberg, che propose l’ipotesi dei gradienti corticali, secondo cui le aree del cervello associate all’apprendimento si sviluppano «dalle particolarità delle esperienze di vita» (p. 215). Questa proposta – in completa antitesi con il meccanismo – venne subito scartata dalla comunità scientifica; tuttavia, con lo sviluppo delle teorie neurologiche, la visione del mondo inter-attiva proposta da Goldberg – ma anche da Gerald Edelman con la sua teoria della selezione dei gruppi neuronali – si rivelò assai efficace nel descrivere il fenomeno della scotoma, permettendo di comprendere e analizzare meglio tale problematica.
Sacks mostra come la scienza sia sempre legata a un determinato contesto socio-culturale; essa fa riferimento – come afferma Kuhn – a specifici paradigmi (Kuhn, 2009). Questa tesi viene ribadita da Gould. In Scale e coni: l’evoluzione ingabbiata dalle immagini canoniche, il biologo statunitense scrive di come – molto spesso – la scienza sia alimentata da pregiudizi: un tipico esempio riportato da Gould è l’immagine che rappresenta l’evoluzione dalla scimmia all’uomo. Questa rappresentazione – che mostra una linearità nel processo evolutivo – è forviante: molteplici studi paleografici e antropologici hanno dimostrato come il processo evolutivo si sia sviluppato attraverso vari percorsi e direzioni, a volte progredendo, altre regredendo. La linearità evolutiva promossa da Darwin era ancora legata a quel paradigma antropocentrico che vedeva nell’essere umano un costante miglioramento, ignorando totalmente le contingenze che gli esseri viventi incontrano nel loro sviluppo. All’immagine della scala che designa un processo unilineare, Gould contrappone quella del cono: in esso, infatti, «la storia di una discendenza inizia con un unico tronco (l’antenato comune) e poi procede – gradualmente, dolcemente e in maniera continua – verso l’alto e verso l’esterno, occupando sempre più spazio man mano che il numero dei rami (la specie) cresce» (p. 77). L’uomo, dunque, non è un animale speciale ma deriva da un antenato comune con altri primati, i quali hanno semplicemente seguito un processo evolutivo diverso.
Approcciarsi alle tematiche scientifiche con atteggiamento critico è utile anche per affrontare determinate problematiche senza retorica. In Geni, ambienti e organismi Lewontin tratta il tema dell’impatto dell’uomo sull’ambiente. Il genetista statunitense osserva come la modificazione dell’ambiente circostante sia una caratteristica intrinseca degli esseri viventi; ogni forma di vita – dai grandi mammiferi ai batteri e ai virus – deve creare un luogo favorevole in cui poter vivere secondo le proprie necessità. Partendo da queste osservazioni di carattere storico-biologico Lewontin può concludere che «La visione costruzionista di organismo e ambiente riveste una certa importanza per l’azione umana. Un movimento ambientalista razionale non può essere costruito sulla richiesta di salvare l’ambiente, che, in ogni caso, non esiste. Chiaramente nessuno desidera vivere in un mondo che abbia un aspetto e un odore peggiori di quello attuale, in cui la vita sia ancora più solitaria, misera, pericolosa, brutale e breve di quella dei giorni nostri. Ma questo desiderio non può essere realizzato dall’impossibile richiesta che gli uomini smettano di modificare il mondo» (p. 160). Ancora una volta, seguire la strada degli STS Studies si rivela proficuo per ragionare su un tema che, oltre all’aspetto scientifico, non può prescindere dall’importanza della società e della politica.
Nonostante sia stata pubblicata per la prima volta quasi trent’anni fa, questa raccolta di saggi risulta interessante anche negli anni ‘20 del XXI secolo. I vari autori ci permettono – adottando prospettive diverse – di riconsiderare alcune tematiche scientifiche sotto una luce nuova: lo scienziato e le sue attività sono sempre stati legati al contesto storico, politico e culturale; l’immagine di una scienza astratta dal contesto in cui agisce è inadeguata e questo libro lo dimostra chiaramente. Il lettore – oltre agli elementi descritti finora – avrà anche modo di osservare come le discipline scientifiche siano connesse con le riflessioni di carattere umanistico: il libro contiene infatti diversi riferimenti alla letteratura e alla filosofia, dando un esempio di quel grande tema che è l’interdisciplinarità (Corvi, 2023). In conclusione possiamo dire che, nonostante non sia un’opera recente, il presente volume può aiutarci a riflettere sul mondo contemporaneo e capire che
La scienza a volte considera sé stessa un’attività impersonale, un “pensiero puro”, indipendente dalle proprie origini umane e storiche. Spesso si pensa che sia davvero così. Ma la scienza è un’impresa interamente umana, una crescita, organica e in continua evoluzione, con improvvise accelerazioni e bruschi arresti, soggetta a strane deviazioni. Sgorga dal suo stesso passato, ma non se ne distacca mai completamente, non più di quanto noi stessi ci distacchiamo dalla nostra infanzia (p. 8).
Efrem Trevisan
Bibliografia
Corvi, R. (2023). Frontiere aperte. Verso un’epistemologia transdisciplinare, Morcelliana, Milano.
Govoni, P. (2019). Che cos’è la storia della scienza, Carocci, Milano.
Kuhn, T. S. (2009). La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino.