A partire dall’inizio degli anni Settanta, Pierre Klossowski si lascia quasi del tutto alle spalle una lunga carriera di romanziere, saggista, filosofo e traduttore, per dedicarsi alla pratica del disegno. Quella grafico-pittorica, del resto, è un’arte che gli era familiare fin dall’infanzia, visto che entrambi i suoi genitori si dedicavano a essa, mentre il fratello maggiore, Balthasar, è divenuto un pittore di fama internazionale col nome di Balthus. La dedizione di Klossowski alle arti visive diventa ancor più appassionata ed esclusiva a partire dal 1972, in coincidenza col passaggio dai disegni a grafite a quelli effettuati con le matite colorate. Si tratta di una tecnica resa originale dal fatto di essere applicata su grandi superfici di carta, il che consente all’artista di ottenere dei quadri che hanno spesso l’imponenza di affreschi murali. Pur non avendo alcun problema a trovare galleristi e critici disposti ad appoggiare la sua nuova scelta di vita, e pur considerando l’espressione visiva come più diretta ed efficace rispetto a quella letteraria o saggistica, Klossowski non è mai riuscito a liberarsi dal medium della parola. Ha ritenuto infatti necessario ricorrere a esso per spiegare la propria idea di pittura e replicare alle obiezioni di coloro che trovavano da ridire sui suoi lavori, giudicandoli troppo letterari per un verso (in quanto i temi dei quadri sono spesso collegabili a quelli delle opere narrative precedenti) e troppo rétro e maldestri dal punto di vista formale. Tuttavia i testi da lui scritti in proposito nell’ultimo trentennio di vita sono interessanti non soltanto come autodifese o dichiarazioni di poetica, ma anche per le loro implicazioni teoriche generali, concernenti lo statuto dell’opera d’arte pittorica.
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A cura di:
Giuseppe Zuccarino è critico e traduttore. Ha pubblicato vari saggi: La scrittura impossibile, Genova, Graphos, 1995; L’immagine e l’enigma, ivi, 1998; Critica e commento. Benjamin, Foucault, Derrida, ivi, 2000; Percorsi anomali, Udine, Campanotto, 2002; Il desiderio, la follia, la morte, ivi, 2005; Il dialogo e il silenzio, ivi, 2008; Da un’arte all’altra, Novi Ligure, Joker, 2009; Note al palinsesto, ivi, 2012; Il farsi della scrittura, Milano-Udine, Mimesis, 2012. Tra i libri da lui tradotti figurano opere di Mallarmé, Bataille, Klossowski, Blanchot, Caillois e Barthes.