Se Philosophy Kitchen dedica un numero al concetto di plasticità, ciò non è solo cifra del desiderio di dare voce a importanti momenti della riflessione contemporanea sull’arte e sulla produzione artistica. Parlare di plasticità significa, più in profondità, interrogare il modo in cui si intrecciano l’autopoiesi del vivente e l’autopoiesi del pensiero. Significa, ancora, ridare voce alla filosofia come opera aperta, come impresa barocca che costringe il soggetto a porsi di fronte a un mondo sempre in movimento, per generare poi continui atti d’invenzione che siano mimesi di tale movimento. In tale prospettiva, pensare si configura quale esercizio di ridefinizione della soggettività, quale prassi trasformativa volta a riconoscere non tanto la necessaria commistione tra la purezza del pensiero e la materialità di ciò da cui il soggetto pensante proviene, quanto soprattutto la non adeguatezza di una qualsivoglia separazione tra pensiero e materia vivente.
La Redazione
