Un antico canto degli Indiani d’America recita: “I vecchi dicono che solo la terra dura. Diceste la verità. Avete ragione”. In effetti, mentre gli Indiani se ne stanno nelle loro Riserve, la terra del continente nordamaricano – che fu la loro – se ne sta ancora lì, con i suoi canyons, le sue praterie e le sue foreste. E questo vale per l’intero pianeta: un po’ malconcio, sommerso di rifiuti, esso se ne sta ancora lì. Anzi: come ci suggerisce Leopardi nel Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco, magari questo mondo passerà, ma poi ne verranno altri: «venuti meno i pianeti, la terra, il sole e le stelle, ma non la materia loro, si formeranno di questa nuove creature, distinte in nuovi generi e nuove specie, e nasceranno per le forze eterne della materia nuovi ordini delle cose ed un nuovo mondo». E magari ben prima dell’apocatastasi che porterà alla sparizione di questo mondo per dar poi vita a un altro noi saremo ben che scomparsi per via di un nuovo virus, più potente e micidiale del coronavirus che tanta paura di morire sta inducendo a molti nostri conspecifici. Dobbiamo mettere per questo da parte ogni preoccupazione per la salute del pianeta e assumere un atteggiamento distaccato e disincantato, tale per cui ci diciamo che in fondo il mondo – e gli infiniti cicli cosmici – non ha bisogno di noi, che noi siamo solo abitatori provvisori del pianeta, e che dunque possiamo tranquillamente starcene qui a guardarci l’ombelico meditando sulla caducità nostra e di tutte le cose? Un simile atteggiamento – per altro rispettabile e sensato – dimentica però una cosa, ovvero che festeggiare la terra non significa contemplare gli enti non umani che ci circondano per ricavarne un qualche piacere estetico nel caso siano belli e armoniosi, né significa meditare sulla nostra caducità, il pensiero della quale affiora immediato proprio dalla visione malinconica della bellezza di campi fioriti e uccellini svolazzanti (come ci viene ricordato da Freud in un suo breve ma intenso saggio intitolato appunto Caducità). Festeggiare la terra significa ricordare che essa è la nostra nicchia ecologica, e che dunque siamo toccati direttamente dal suo stato di salute (se mi passate questa metafora impropria: è ovvio in realtà che la salute del pianeta non cambia poi di molto se si verifica un riscaldamento globale di qualche grado).
