«L’alternativa di fronte a cui si trova la teoria critica non è più “socialismo o barbarie”, bensì “terra o capitale”: scegliere la prima non condurrà forse al socialismo, ma scegliere il secondo porterà sicuramente nella barbarie» (p. 36).
Pour la théorie critique. Raison, nature et société.
Pour la théorie critique. Raison, nature et société(Librairie Philosophique J. Vrin, 2024, pp. 350) di Franck Fischbach, professore di storia della filosofia tedesca e di filosofia sociale alla «Sorbonne» di Parigi, anticipa di alcuni mesi l’uscita di Faire ensemble. Contributions à une critique du capitalisme pubblicato da Le Seuil. Queste due pubblicazioni arricchiscono la già consistente produzione di un autore la cui ricerca è incentrata su Spinoza, Marx, Hegel, la Scuola di Francoforte, Heidegger e temi quali la tecnica, il lavoro e l’alienazione: Manifeste pour une philosophie sociale (2009), La production des hommes.Marx avec Spinoza (2014), Le sens du social (2015), Philosophies de Marx (Fischbach 2015) e Après la production (2019).
Pour la théorie critique è la prima raccolta di articoli di Fischbach. Gli articoli sono tutti recenti, risalenti al massimo al 2011; alcuni sono ampliati o rivisti, solo due risultano inediti: rielaborazioni di conferenze tenute da Fischbach nel 2022. Per inquadrare questo volume può essere utile guardare all’articolo con cui l’autore apre il volume: «Théorie critique et crise écologique».
Sebbene Fischbach lo indichi quale prefazione di Pour la théorie critique, questo testo non è stato scritto né è stato modificato per svolgere tale funzione: non vi si rinvengono esplicite spiegazioni dei criteri secondo cui sono stati selezionati, organizzati e ordinati gli articoli né una giustificazione degli autori o degli argomenti non trattati né una presentazione del volume stesso. Tuttavia, questo articolo, avendo un evidente intento programmatico, riesce a segnalare al pubblico l’orientamento di fondo che accomuna gli articoli raccolti in Pour la théorie critique: mostrare che le risorse critiche basate sulla Scuola di Francoforte sono ancora valide e che questa tradizione può ancora nutrire una riflessione su un tema di assoluta attualità quale la crisi ecologica.
Fischbach prende le mosse, infatti, dalla critica che è rivolta ad Axel Honneth e Rahel Jaeggi riguardante la scarsa rilevanza della crisi ecologica all’interno del loro pensiero (Bellamy, Foster, Clark 2020). Anziché fare di ciò un argomento a favore dell’obsolescenza della tradizione francofortese, l’autore intende condurre la ricerca in direzione opposta: «riscoprire […] le potenzialità che nasconde la tradizione [francofortese] e che potrebbero permettere di raccogliere la sfida della crisi ecologica in quanto forma ormai dominante della crisi del capitalismo» (p. 12).
Pour la théorie critique non è lo sviluppo sistematico di questo programma di ricerca: gli articoli sono troppo slegati tra loro per ambire a tale obiettivo. Il volume, allora, è da intendersi come il compendio di un percorso di ricerca che Fischbach ha svolto nel corso degli ultimi quindici anni e che apre su una nuova fase, al cui centro sta, per l’appunto, la crisi ecologica e quanto la Teoria critica possa ancora essere utile in tale contesto.
Pour la théorie critique è organizzata in tre sezioni: «Héritages», «Actualités» e «Interventions». Ogni sezione riflette uno degli elementi del sottotitolo: ragione, natura e società.
La prima sezione, «Héritages», è la più corposa delle tre: i sette articoli hanno carattere strettamente storico-interpretativo e vertono su alcuni autori della tradizione francofortese, in particolare Adorno, Horkheimer, Habermas, Honneth e Rosa. Gli «héritages» sono da intendersi soprattutto nel senso dei debiti teorici che gli esponenti di questa tradizione hanno con autori precedenti ovvero Schelling, Hegel, Marx e Simmel.
Fischbach non mostra solo gli effetti positivi di tali eredità ma anche le zone d’ombra. È il caso dello stesso Marx: fonte principale della critica francofortese (cfr. «L’invention de la critique immanente») è anche la ragione della «relativa indifferenza e della attitudine ambivalente» dei francofortesi nei confronti del tema della città (cfr. «La théorie critique et la question de la ville»), oggi cruciale rispetto alla crisi ecologica.
Nella seconda sezione, gli articoli hanno un respiro diverso. In «Actualités», i riferimenti di Fischbach si spostano verso autori quali Andreas Malm, Koei Saïto e Rolf Peter Sieferle. La Teoria critica non è più affrontata come un oggetto di studio, come negli articoli raccolti nella prima sezione, bensì è usata come risorsa concettuale da adoperare per affrontare il tema della «natura». Quest’ultimo è, più precisamente, declinato secondo tre prospettive: quella del rischio, del limite e della temporalità. Così, in «Le risque, la sécurité et le contrôle», Fischbach propone di può far rientrare il concetto di «rischio» all’interno del novero degli oggetti della filosofia sociale, secondo la definizione datane da Honneth, cioè che la filosofia sociale si occupa delle evoluzioni sociali mancate o difettose. La categoria di «rischio» può allora servire a indicare un’evoluzione sociale patologica, laddove quest’ultima esponga gli attori sociali a rischi maggiori. In «Trajectoire historique du capital et temps de la nature», invece, Fischbach prosegue l’analisi della temporalità nel capitalismo, già affrontata in testi precedenti, quali Sans objet (Fischbach 2009) e La privation du monde (Fischbach 2011).
La sezione «Interventions» è quasi un’appendice: è composta da due articoli pubblicati su “Lignes” e su “Cités”; sono di due commenti di tono polemico e politico più che accademico-scientifico sui gilets jaunes e la pandemia del 2020. Qui il rapporto con la società è duplice: da una parte, sono veri e propri interventi filosofici su dui fenomeni sociali di attualità al momento della pubblicazione. D’altra parte, Fischbach discute di due fenomeni sociali, cioè il movimento dei gilets jaunes solleva la domanda delle «condizioni che permettono a una classe di esistere positivamente e attività» (p. 327), e le «iniziative cooperative» degli attori sociali di fronte alla pandemia ovvero all’esempio eclatante del «sabotaggio» quale «dimensione costitutiva del modo di produzione capitalistico» (p. 331).
Una menzione particolare merita il testo con cui Fischbach sceglie di aprire la seconda sezione: «Les mésaventures de la critique». L’autore si confronta con il Jacques Rancière de Lo spettatore emancipato (Rancière 2018), che polemizzava con quei progetti critici che riproducono la riproduca la gerarchia tra chi e chi non sa, il cui superamento è essenziale a ogni progetto di emancipazione propriamente detto. Più precisamente, il bersaglio critico di Rancière era «la figura del critico sociale che sa meglio dei suoi interlocutori ciò che questi dovrebbero fare» (p. 224). Per superare il presupposto su cui si basa tale posizione, cioè che tanto la competenza del critico quanto l’incompetenza della massa siano assolute, Rancière avanzava l’ipotesi della validità della «competenza di chiunque» cioè la necessità, per un progetto di emancipazione, di «prendere in considerazione la competenza e le capacità di chi, abitualmente, conta poco o niente, persino per il grande teorico critico» (p. 226).
Per Fischbach la proposta di Rancière conduce a rinunciare alla specifica competenza del critico, ovvero al suo sforzo per «rischiarare un funzionamento sociale opaco o oscuro» (p. 227). Inoltre, essa incorre nel pericolo di una «angelizzazione» della massa, da cui metteva in guardia Horkheimer in Teoria critica e teoria tradizionale. Anzi, significa accettare di affidarsi «alle competenze primo arrivato» (p. 229).
L’alternativa proposta da Fischbach è ritenere la competenza del critico «specifica, relativa e particolare» (p. 229): essa consiste nel «rischiarare assieme agli attori le condizioni, il senso e la portata delle loro lotte e delle loro aspirazioni sociali» (p. 228). Non essendo assoluta, la competenza del teorico critico dev’essere considerata «uno dei fattori delle lotte orientate all’emancipazione, senza che ciò presupponga o implichi una gerarchia tra i vari fattori» (p. 228).
La posizione assunta da Fischbach in Les mésaventures de la critique rende evidente tutta la posta in gioco di Pour la théorie critique. In ultima analisi, essa legittima questa raccolta di articoli, poiché segnala perché è urgente per la Teoria critica francofortese dare sufficiente rilievo alla crisi ecologica. Essendo quest’ultima di estrema attualità, una teoria critica che sia sorda a tale, perde la propria credibilità quale interlocutrice «a cui gli attori possono fare appello […] per rinforzare le proprie competenze» (p. 229) nelle lotte della terra contro il capitale.
Armando Arata
Bibliografia
Adorno T. W. 2018, Prismi. Saggi sulla critica della cultura, Einaudi, Torino.
Bellamy Foster J., Clark B. 2020, The Robbery of Nature. Capitalism and the Ecological Rift, Monthly Review Press, New York.
Fischbach F. 2019, Après la production : travail, nature et capital, Librairie Philosophique J. Vrin, Paris.
Fischbach F. 2015, Le sens du social : les puissances de la coopération, Librairie Philosophique J. Vrin, Paris.
Fischbach F . 2015, Philosophies de Marx, Librairie Philosophique J. Vrin, Paris.
Fischbach F. 2014, La production des hommes. Marx avec Spinoza, Librairie Philosophique J. Vrin, Paris.
Fischbach F. 2009, Manifeste pour une philosophie sociale, La Découverte, Paris.
Horkheimer M., Marcuse H. 2003, Filosofia e teoria critica, Einaudi, Torino.
Jaeggi R. 2021, Critica delle forme di vita, Mimesis, Milano.
Rancière J. 2018, Lo spettatore emancipato, Derive e approdi, Roma.
Renault E., Berner C. (a cura di) 2024, Critique immanente. Histoire et actualité, Presses Universitaires du Septentrion, Villeneuve-d’Ascq