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Andreas Arndt, dal 2000 al 2018 professore di filosofia presso la facoltà cattolica della Humboldt-Universität di Berlino, nonché dal 1992 al 2016 direttore dell’Internationale Hegel-Gesellschaft, è un punto di riferimento nei campi della filosofia classica tedesca e del marxismo. Già autore di titoli come Karl Marx: Versuch über den Zusammenhang seiner Theorie (1985), Dialektik und Reflexion (1994), Unmittelbarkeit (2003), Die Klassische Deutsche Philosophie nach Kant- in collaborazione con il compianto Walter Jaeschke- (2012), e Geschichte und Freiheitsbewusstsein. Zur Dialektik der Freiheit bei Hegel und Marx (2015), pubblica a dicembre 2023, per i tipi di Felix Meiner, Die Sache der Logik: Begriff und Realität bei Hegel, studio che pone al centro la vexata quaestio circa il rapporto tra logica e realtà all’interno del sistema hegeliano. Il titolo del libro è un riferimento ad un passo della Critica alla filosofia hegeliana del diritto pubblico di Marx, in cui viene imputato ad Hegel di aver trascurato la “logica dell'oggetto” in favore dell’ “oggetto della logica” (Die Sache der Logik, per l’appunto): in altre parole, la filosofia hegeliana ricondurrebbe l’intera struttura della realtà alle categorie fondamentali del pensiero come l’essere, la causalità, o la teleologia, privando il mondo della sua indipendenza dalla ragione, e ricadendo in un vero e proprio panlogismo. Obiettivo di Arndt è quello di assolvere Hegel da tali accuse, le quali lo vorrebbero un filosofo dogmatico, nonché ideologo e apologeta ante-litteram delle catastrofi del Novecento.

Il filo conduttore che unisce le tre parti del libro è il concetto hegeliano di infinità, stante ad indicare ciò che è assoluto, non determinato da niente al di fuori di sé, in particolare al di fuori del proprio concetto. Questo si contrappone all’infinito "cattivo” (schlechte Unendlichkeit), rappresentato dal ricorso ad infinitum nelle sue diverse declinazioni. Siccome solo l’idea assoluta espone questa circolarità perfetta è possibile ricondurre il sistema ad una continua approssimazione della realtà effettiva all’assoluto.

La prima parte, dedicata alla Scienza della Logica, si incarica di rispondere alle critiche rivolte all’ambizione hegeliana di fondare la filosofia in totale assenza di presupposti; su nient’altro, cioè, che sul moto perpetuo dell’autodeterminazione del pensiero. Nel secondo capitolo della prima parte, “Die anfangende Reflexion”, Arndt discute alcune delle tesi più rilevanti a sostegno della «plausibilità» (p. 39) dell’inizio della Scienza della Logica, con particolare attenzione a quelle che si fanno carico di rispondere alle accuse di petitio principii sollevate dagli immediati contemporanei come Schelling, Feuerbach, e Kierkegaard. Tra di esse troviamo quelle contenute in Anfang und Methode der Logik (Henrich, 1963) e Sein und Schein (Theunissen, 1978), ma sorprendentemente non nel più recente The opening of Hegel’s Logic (Houlgate, 2005). La risposta dell’autore a questo problema filologico verte su un elemento soggettivo: la decisione stessa di fare coincidere l’inizio del sistema della scienza con qualcosa di assolutamente puro. In particolare, già nelle prime pagine della “Dottrina dell’Essere” Hegel afferma: «non si ha altro, allora, salvo la risoluzione (che si può riguardare anche come arbitraria) di voler considerare il pensare come tale.» (Hegel, a cura di A. Moni, 2008, p.55). L’accusa di aver scelto l’inizio in modo arbitrario sfonda una porta aperta: la scelta libera del soggetto è l’unica forma adeguata al contenuto imposto dal fondamento della scienza pura.

Veniamo al tema centrale del libro: il rapporto della logica con la realtà. In primo luogo Arndt prende in esame la conclusione della Scienza della Logica, in cui l’idea si rilascia (entläßt sich) liberamente nella natura. L’autore si schiera contro qualsiasi interpretazione che intraveda in questo passo una specie di argomento ontologico, se non una vera e propria creatio ex nihilo. Questo tipo di lettura, secondo Arndt, è dovuta ad un fraintendimento del termine realtà (Wirklichkeit): la realtà dell’oggetto, in Hegel, non indica il «meramente esistente» (bloßen Dasein) (p. 10), bensì la corrispondenza degli enti alla forma logica del loro concetto. Stando alla versione di Marx, la Filosofia della Natura sarebbe invece una deduzione metafisica condotta a partire dalle categorie della Logica, cosicché, viceversa, dalla prima sarebbe possibile risalire alla seconda. Secondo Arndt, tuttavia, questo non è il caso: innanzitutto, le determinazioni della logica non sono completamente sovrapponibili a quelle della natura e dello spirito, in quanto nel mondo finito della realtà non vi è niente che rispecchi la ricorsività perfetta dell’idea; in secondo luogo, nell’introduzione all’Enciclopedia, l’idea assoluta è definita come metodo: non un substrato che passa dal «reame delle ombre», per usare un espressione di Pippin (Pippin, 2018), al mondo reale, bensì la forma del pensiero puro che si autodetermina fino a specchiarsi sulla superficie infinita dello spazio, prima determinazione della natura, e sull’individualità monadica dell’anima, suo corrispettivo spirituale. Infine, lo iato che separa logica e realtà effettivamente esistente, ovvero gli elementi contingenti che esulano dalla portata del concetto, è da considerare come insito nell’idea stessa.

A partire dalla seconda parte del libro, l’esposizione si espande fino a toccare i più disparati ambiti del sistema hegeliano, tra cui il diritto, l’economia, e la storia.

Nel caso del riconoscimento, la “lotta tra signoria e servitù”, così come definita all’interno della Fenomenologia dello Spirito, è interpretata da Arndt come una teoria sulla fondazione della società, contrapposta al contrattualismo hobbesiano. Secondo quest’ultimo la libertà sarebbe un diritto naturale dell’uomo, e lo Stato un ente super partes che ne traccia i confini, ma per Hegel questo è inaccettabile: non vi è nessuna libertà prima del diritto poiché non vi è nulla nello stato di natura che possa rendere conto del riconoscimento necessario per la sottoscrizione del contratto sociale. A questo stadio vi è solo la certezza dell’autocoscienza posta davanti al suo omologo, il che costituisce al più un momento necessario ma non sufficiente del processo attraverso cui si formerà la coesistenza degli uomini nello Stato. Qui entra in gioco il principio di ricorsività del concetto: il diritto, inteso da Hegel come esistenza concreta della libertà, deve emergere dall’idea, la libertà stessa, invece che da qualcosa di esterno. Dunque ciò che sostituisce il contratto sociale, inteso come semplice estensione o limitazione della libertà degli individui, è una transizione qualitativa che ha luogo nel momento in cui il soggetto della storia perviene alla consapevolezza dell’oggettività dell’idea.

Per quanto riguarda l’economia, Arndt descrive come il regolamento della tensione tra società borghese e Stato non sia mai definitivo, anzi: le disuguaglianze che portano alla formazione della classe sociale della plebe sono il momento di contingenza necessaria per la definizione della libertà dell’individuo. Qui possiamo osservare come la razionalità del sistema non venga intaccata dal momento della casualità, anzi, sia parte integrante dell’idea che precipita nelle istituzioni umane, andando a comporre lo spirito oggettivo.

Passiamo infine alla relazione della filosofia con la storia. Hegel afferma esplicitamente che la storia è il cammino dell’idea verso il suo compimento, ovvero la consapevolezza di se stessa come libertà. Questo porta gli oppositori di Hegel a concludere che tutto ciò che accade nel corso delle umane vicende sia guidato da una teleologia che finisce per giustificare ogni tipo di nefandezza. Tuttavia, gli eventi che scandiscono questo processo non seguono la stessa linearità delle determinazioni logiche: la storia vera e propria è soggetta a deviazioni, ricadute ed impasse, a riprova del fatto che non vi è totale convertibilità tra la realtà del concetto e ciò che si dà nel mondo.

Nella terza parte del libro, Arndt prende in esame la questione dell’assoluto, e in particolare della fine delle tre forme in cui si presenta allo spirito umano: arte, religione e filosofia. L’autore interpreta la fine evocata da Hegel come un compimento: consegnare alla coscienza la consapevolezza della libertà. Parlando del rapporto tra la religione e lo spirito soggettivo, Arndt si sofferma sul fatto che, secondo Hegel, il mistero della trinità di dio corrisponde alla dialettica del pensiero puro. Questa intima solidarietà tra fede cristiana e ragione segnala che nella prima è insito un processo di secolarizzazione destinato a sfociare naturalmente nel Protestantesimo e nei prìncipi fondanti della Rivoluzione Francese. Così, Hegel supera l’opposizione tra religione e Stato rifugiandosi in una scienza capace di individuare la radice comune di entrambi nell’attività autopoietica dell’idea di libertà.

Nell’ultimo capitolo, il passaggio dell’idea alla natura viene descritto come un ritiro dell’astrazione preliminare posta alla base dell’inizio della logica. Il processo auto-determinato del pensiero conduce al concetto di se stesso, tuttavia, questa ricorsività è ancora racchiusa nell’elemento della mente: nello spostamento verso la natura, invece, la completezza concettuale garantita dalla circolarità del sistema viene meno, poiché la natura non può trattenere in sé l’universale. Arndt rileva un riferimento aristotelico in questo passo, ovvero al fatto che gli universali come genere e specie siano contenuti unicamente negli individui, in quanto nella natura e nello spirito non vi sono altro che particolari e individuali. La Scienza della Logica, dunque, provvede ad apporre agli enti naturali e spirituali il sigillo dell’accessibilità al concetto, unico depositario dell’universalità.

Alla luce di quanto finora riportato, ritengo che l’originalità della proposta di Arndt consista nel fatto che, nella prima parte, troviamo un’interpretazione della Scienza della Logica vicina alla versione di Pippin, ovvero una riduzione soggettivistica e non-metafisica dell’idea assoluta, mentre nella seconda parte, in cui l’argomento centrale è la relazione tra logica e realtà effettiva, l’argomentazione si allinea a quella più classica di Stephen Houlgate, esposta nel recente Hegel on Being (Houlgate, 2021). Questo modello ibrido evoca uno stallo che viene risolto solo nella terza parte, in cui l’autore sembra decidere per un ritorno entro i termini della resa non-metafisica del pensiero hegeliano. Per difendere Hegel dalle accuse di panlogismo e apologia di totalitarismo, Arndt opta per una strategia non conservativa, e riduce la logica ad un Oργανον, uno strumento a cui ricondurre i dati raccolti dalla ricerca empirica ponendo così fine al progresso ad infinito della loro accumulazione. Questa rivisitazione neo-kantiana di Hegel lascia tuttavia inspiegato come sia da intendere il fatto che da un lato abbiamo il sistema come una logica trascendentale che organizza la conoscenza, e dall’altro l’idea come qualcosa in grado di rendere conto non solo delle regolarità della natura e dello spirito, ma anche dei loro momenti di contingenza. A mio modo di vedere, questi due aspetti avrebbero meritato un raccordo più esplicito. Inoltre, l’autore non specifica in quali punti del sistema la realtà come mera esistenza (bloßen Dasein) e la realtà effettiva (Wirklichkeit) si separino in modo più vistoso.

Infine, considerato il duplice intento di demistificare la figura di Hegel e di rivisitare la questione metafisica del rapporto tra logica e realtà, possiamo concludere che il primo è stato raggiunto in modo esaustivo, ma nel processo ha finito, a mio modo di vedere, nel condizionare la trattazione del secondo, segnalando così che la priorità è ricaduta sulla difesa “politica” di Hegel rispetto a quella teoretica.

Luca Montermini

Bibliografia

Arndt, A. (2023), Die Sache der Logik: Begriff und Realität bei Hegel, Amburgo: Meiner.

Hegel, G. W. F. (1830), Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a cura di Verra, V., Torino, Utet.

Hegel, G. W. F. (1807), Fenomenologia dello spirito, a cura di De Negri, E., Roma: Edizioni di storia e letteratura.

Hegel, G. W. F. (1812-16), Scienza della logica, a cura di Moni, A., Roma-Bari: Laterza.

Henrich, D. (1963), Anfang und Methode der Logik, in Hegelstudien, Beiheft 1, a cura di Gadamer, H. G., Amburgo: Meiner, pp.19-35.

Houlgate, S. (2021), Hegel on Being, 2 voll., Londra: Bloomsbury Academic.

Pippin, R. (2018), Realm of Shadows: Logic as Metaphysics in “The Science of Logic”, Chicago: The University of Chicago Press.

Theunissen, M. (1978), Sein und Schein: Die kritische Funktion der Hegelschen Logik, Berlino: Suhrkamp.

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