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Complice la loro denominazione, nell’ambito degli studi di genere sembra che a farla da protagonista sia il genere. Tuttavia, negli ultimi dieci anni il dibattito filosofico su questo tema ha portato alla ribalta il sesso (Žižek, 2012; Zupančič, 2017). In risposta a filosofi e filosofe, in primis Michel Foucault, che sottolineavano la natura culturale del sesso in un’ottica costruttivista, gli studi recenti – tra i quali spicca quello di Lorenzo Bernini in Italia (Bernini, 2019) – rimarcano come non sia possibile liquidare la questione del sesso e della pulsione, la cui materialità non si lascia dissolvere sul piano culturale. A partire da Zupančič, quella sessuale diventa la questione cruciale della filosofia, al crocevia tra ontologia ed epistemologia. Lo studio di Enrico Redaelli (2023) Judith Butler. Il sesso e la legge. si inserisce in questo dibattito, sottolineando la posta in gioco ontologica della domanda sulla differenza sessuale. Al fondo della domanda circa cosa sia e cosa determini la differenza sessuale si cela una domanda alla quale nessun filosofo può sottrarsi: che cos’è il reale? Rispetto agli studi esistenti, il lavoro di Redaelli presenta un aspetto di notevole originalità: se infatti gli studi precedenti hanno la tendenza a trattare la questione di sesso e legge, natura e cultura, o sesso e genere, in termini dialettici, ossia come due poli coimplicantesi di una stessa relazione, la prospettiva di Redaelli supera questa visione, per dirigersi, sulla scorta di Butler, verso un’interpretazione performativa del reale.

L’interrogativo circa la natura della realtà funge da fil rouge nell’analisi di Redaelli, che si divide a mio avviso in due parti. La prima parte comprende i primi tre capitoli, mentre la seconda gli ultimi due. La questione posta nella prima parte potrebbe essere riassunta dalla perifrasi “i corpi contano, ma i conti non tornano” (p. 26), con la quale Redaelli trasla liberamente il titolo del libro di Butler Bodies that Matter (Butler, 1993). Che nella differenza sessuale il problema siano i corpi pare essere abbastanza chiaro, ma perché i conti non dovrebbero tornare? Secondo Redaelli, non è possibile far tornare i conti a causa della “barra”. Si tratta della barra che distingue, e quindi definisce, uomo/donna, istituendo la differenza sessuale. La presenza della barra fa sì che non sia possibile semplicemente, in maniera ontologicamente ingenua, definire cosa sia la differenza sessuale in sé e per sé, “al di là” del contesto culturale in cui i sessi sono impigliati; come se ci fosse un “al di là” che sta fuori della differenza tra natura/cultura.

Questa riflessione, debitrice alla dialettica hegeliana, non è affatto tuttavia l’approdo ultimo del discorso di Butler, secondo Redaelli. Se i corpi contano, è perché non solo la cultura definisce la natura, ma anche il contrario. In una certa misura, la cultura è la natura dell’essere umano, e la materialità dei corpi si impone nonostante tutto, plasmando i processi culturali (p. 38). Emerge qui un tratto distintivo dello stile dell’autore, che definirei “metabolico”, con riguardo alla metabolè di hegeliana memoria: Redaelli è maestro nel mostrare come gli opposti si rovescino di continuo l’uno nell’altro. Come scrive Redaelli, “natura e cultura sono effetti locali della barra, che funzionano l’uno in relazione all’altro entro un campo limitato. Non appena si allarga il campo, per abbracciarlo nella sua totalità, ecco che un polo si rovescia nell’altro e la loro distinzione si sbriciola” (p. 40). Dai due punti della relazione dialettica tra natura/cultura, sesso/genere, ogni polo è completamente tradotto nell’altro. Da un lato, tutto è cultura; il che significa anche che tutto è natura. In relazione al pensiero di Butler, ciò implica che non è possibile appiattire la sua analisi su un mero – e politicamente più accettabile – costruttivismo, secondo il quale “tutto ciò che definiamo naturale è in realtà una costruzione culturale” (p. 25). Il risultato più probabile di tale visione sarebbe quello di ignorare il problema della differenza sessuale, mettendo a tacere la domanda profonda circa la natura del reale ad essa sottesa. La questione è invece più spinosa, come mostra Redaelli, facendo notare che “se il sesso è già da sempre genere, il genere è già da sempre sesso” (p. 39). Per esempio, le differenze nel modo di vestirsi, o la scelta di quale bagno usare, non sono mai riportabili al “mero genere”, ma sono forme in cui la differenza sessuale si esplica: “uno dei modi in cui il sesso si declina, una delle sue concrete manifestazioni” (p. 39).

Il continuo rovesciamento metabolico tra sesso e genere, natura e cultura porta verso la conclusione a cui Redaelli giunge nella prima parte; conclusione che non ha niente di addomesticabile. Per riprendere il passaggio finale del terzo capitolo del libro di Redaelli, questa prima parte del libro porta a comprendere che “non è (semplicemente) la differenza sessuale a essere queer. È la realtà che è queer” (p. 95). Innanzitutto la natura queer del reale è ascrivibile all’effetto della barra che delinea la differenza sessuale. Il gesto, il taglio che istituisce la differenza sessuale non è riducibile a questa stessa distinzione. La barra, o in altri termini l’evento della differenza sessuale, non è tematizzabile a partire da questa stessa distinzione; altrimenti non potrebbe istituirla. Di conseguenza, questo evento, con la sua inafferrabilità, introduce un che di spaesante, o di perturbante nell’orizzonte dell’umano; una distorsione costitutiva, spiega Redaelli, tipica dell’umano.

L’agire umano pare così essere abitato in maniera costitutiva da un vuoto, uno squilibrio che non fa tornare i conti. Come superare tale impasse? Per illustrare tale passaggio, Redaelli riprende il dibattito tra Butler e Žižek (Butler, Laclau, Žižek, 2000), ove quest’ultimo sostiene che il gesto istituente le forme storiche della differenza sessuale sia astorico, mentre invece la prima sostiene che sia anch’esso storico (p. 75). La barra, secondo Žižek, è il limite o l’orlo di ogni differenza, di ogni processo di soggettivazione (p. 76). In altri termini, ciò che segna la differenza tra uomo e donna è la condizione di possibilità di questa stessa differenza, un vuoto di possibilità che può essere riempito di volta in volta in forme storicamente determinate. Nella prospettiva di Žižek la differenza è queer, “è costitutivamente eccentrica: è l’elemento bizzarro, inallocabile nella struttura perché è lo strutturarsi stesso della struttura” (p. 84). Tuttavia con Butler, come suggerisce Redaelli, si abbandonano questi orizzonti, ancora troppo rassicuranti per chi è versato nella tradizione filosofica del secolo scorso. Butler invita ad assumere uno sguardo diverso, “diplopico” (p. 89), attento a guardare, al contempo, le forme e il retroterra da cui emergono, i differenti soggetti e la barra che li differenzia. “Tutto il pensiero di Butler, in fondo”, scrive Redaelli, “invita a questo particolare sguardo, a osservare cioè sotto la trama delle cose e delle loro relazioni dialettiche quella dimensione anonima di interdipendenza e interrelazionalità viscosa da cui soggetti e oggetti emergono come entità distinte” (p. 87). È per questo che è non solo la differenza, ma la realtà stessa a essere queer. La differenza sta al fondo del reale, è il suo agitarsi costante e il prendere di continuo forme diverse, ove ogni elemento determinato fa eco a questo oceano infinito, nel quale la barra si dissolve (p. 91).

Una volta riportata la differenza sessuale al differenziarsi stesso della realtà, al continuo, magmatico emergere di forme determinate, potremmo ancora dire che i conti non tornano? A dire il vero non si capisce più di quali “conti” si tratti. E difatti è qui che comincia la seconda parte del libro di Redaelli. Tale passaggio coincide con l’inizio del quarto capitolo, che sembra introdurre una soluzione di continuità rispetto al precedente, ponendo il problema della natura scandalosa del sesso. Ciononostante, la questione è in ultima analisi la medesima, ossia quella del vuoto che caratterizza ogni attività umana. Qui Redaelli prende in esame varie istituzioni, oggetti e pratiche inerenti all’ambito del sesso e della legge – che dall’alba dei tempi sono connessi – per evidenziare come in ognuna di esse vi sia una sorta di vuoto, che si tenta in tutti i modi di celare. Un esempio paradigmatico è il velo, o in senso moderno i vestiti, adibito a coprire l’oggetto del desiderio. Dapprima Redaelli chiede se il velo sia usato per coprire qualcosa, o piuttosto se non sia atto a celare la mancanza di qualcosa. Pensando in termini dialettici, o trascendentali, saremmo tentati di interpretare questo vuoto come il gesto istituente, come stato di eccezione che serve per fondare la legge (il parricidio che fonda il tabù dell’incesto, il ratto delle Sabine che istituisce la nuova comunità) (pp. 98-100); salvo poi scoprire che questa eccezione non c’è mai stata, e che la legge è senza fondamento (pp. 100-106). Se il vuoto e il pieno di cui sono composti legge e sesso (legge/trasgressione, velamento/disvelamento) sono due poli in relazione dialettica, essi possono essere guardati sia dal lato del pieno sia dal lato del vuoto, ma mutare il punto di vista non scioglie la relazione, né tantomeno il problema dello squilibrio insito nel reale. È qui che Redaelli introduce la questione fondamentale, che porta alla conclusione del libro: e se lo squilibrio non stesse nel reale, ma nell’occhio di chi osserva il reale?

Si comprende così che la chiave di volta della seconda parte è la relazione tra vita e sapere. In tal modo Redaelli mostra il suo debito – che sarebbe invero riscontrabile in vari altri luoghi del libro – verso i lavori dell’associazione Mechrí – Laboratorio di filosofia e cultura, a cui l’autore partecipa come membro del comitato scientifico (si veda Cambria, 2018). La realtà è abitata da uno squilibrio solo per chi l’analizza con gli occhi del sapere, per chi la scompone in oggetti e immagini statiche; indizi di un fare che, una volta separati, appaiono misteriosi. Redaelli espone magistralmente questo problema con l’esempio, che non a caso richiama la Prefazione della Fenomenologia dello Spirito, dello sviluppo di una pianta: come scrive Redaelli, “se scomponiamo fotograficamente il movimento di un bocciolo che diviene fiore e poi frutto, ci ritroviamo con tre istantanee fra loro contraddittorie. Eppure la vita della pianta si svolge tranquillamente, senza problemi, ignara delle fotografie e delle loro contraddizioni” (p. 106). L’oggetto, il velo e il soggetto paiono essere altrettanto misteriosi e manchevoli se presi separatamente. Che cosa manca? La risposta secca di Redaelli, che parafrasa così Butler, è: niente. L’impressione che ci sia un vuoto costitutivo al fondo di legge e sesso, e in generale di ogni agire umano, dipende dalla distorsione dello sguardo del sapere, che analizza e separa laddove vi è un tutt’uno. “La mancanza, la casella vuota”, spiega Redaelli, “non è altro che movimento” (p. 108).

Se concepiamo il mondo come una continua performance, mettendoci dal lato della vita, e non del sapere, non manca proprio nulla. Il punto finale a cui giunge la riflessione di Redaelli è la natura performativa del reale, teorizzata da Butler anche in seguito alle sue riflessioni sul giovane Hegel (Butler, 2012). Con questo ultimo passaggio, Redaelli mostra indirettamente che Butler è ben lungi dal congedare la dialettica hegeliana. Butler – e con lei Redaelli – sembra piuttosto rifiutare una certa interpretazione della dialettica, che la riduce a definizione mutuale dei due poli. Vedere il lato performativo del reale significa invece abbracciare la visione della dialettica come ritmo, movimento continuo e simultaneità (p. 136). Questa prospettiva insegna che la realtà può appare contraddittoria quando la fermiamo in un’immagine, in un oggetto separato, in seguito al desiderio di conoscere. Se invece la guardiamo nel suo continuo movimento, non è mancante di nulla. Nei passaggi conclusivi del libro, Redaelli spiega infatti che “il punto cieco c’è solo per chi ha occhi per guardare. Non per chi è intento a godere. Non per chi è intento a danzare” (p. 163).In questo modo Redaelli mostra di essere pienamente all’altezza degli studi recenti sul tema, nella misura in cui nel suo libro nella questione della differenza sessuale ne va della realtà stessa, in particolare del rapporto tra vita e conoscenza. Capiamo così come la dimensione performativa non sia tipica solo del sesso, ma della vita stessa. Il problema sussiste quando vogliamo conoscere, analizzare il movimento incessante della vita, la quale non pone nessun problema quando viviamo e dunque neanche allorché esercitiamo il sapere. Sorge allora un interrogativo: qual è, se vi è, la specificità del sesso in questo orizzonte? Secondo Redaelli, il sesso occupa in qualche modo un ruolo di rilievo in quanto squisitamente scandaloso, cioè atto a esibire questo cortocircuito del sapere, che costitutivamente non può dire il ritmo della vita senza bloccarlo. Eppure, questo cortocircuito appare sempre quando vediamo che il sapere non è in grado di dire la vita senza analizzarla, e dunque immobilizzarla in un riflesso inerte, in virtù del suo stesso funzionamento. L’analisi di Redaelli ha esteso il problema della differenza sessuale fino a renderlo coestensivo all’intera realtà, nella sua articolazione tra vita e sapere; sicché l’esito più importante del suo libro potrebbe consistere nel porre la questione al di là del sesso stesso, negando ad esso ogni specificità e chiamando in causa piuttosto la pulsione, o quel pulsare tipico del ritmo che anima tanto la vita quanto il sapere.

Eleonora Buono

Riferimenti

Bernini, Lorenzo (2019). Il sessuale politico. Freud con Marx, Fanon, Foucault. Pisa: ETS.

Butler, Judith (2012). To Sense What Is Living in the Other: Hegel’s Early Love/Fühlen, Was im anderen lebendig ist: Hegels frühe Liebe. Ostfildern: Hatje Cants Verlag.

Butler, Judith (1993). Bodies that Matter. On the Discursive Limits of “Sex”. London & New York: Routledge.

Butler, Judith, Laclau, Ernesto, Žižek, Slavoj (2000). Contingency, Hegemony, Universality: Dialogues on the Left. London: Verso.

Cambria, Florinda (ed.) (2018). Vita, conoscenza, Milano: Jaca Book.

Redaelli, Enrico (2023). Judith Butler. Il sesso e la legge. Milano: Feltrinelli.

Žižek, Slavoj (2018). Sex and the Failed Absolute. London: Bloomsbury.

Žižek, Slavoj (2012). Less Than Nothing: Hegel and the Shadow of Dialectical Materialism. London: Verso.

Zupančič, Alenka (2017). What Is Sex?. Cambridge (MA): MIT Press.

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