Grazie all'analisi foucaultiana sul biopotere e sul soggetto, al focus posto da Butler sul gender e all'ampia proliferazione di analisi che ne sono seguite, la capacità performativa dei discorsi di potere e di sapere dominanti in una data epoca sulla materialità umana è stata ampiamente esplorata. Il testo di Alessandro Baccarin, Il sottile discrimine. I corpi tra dominio e tecnica del sé, si inserisce in questo panorama in maniera intelligente e feconda, analizzando attentamente soggetti e corpi tipici della contemporaneità attraverso una genealogia rapida ma puntuale, capace di cogliere le svolte storiche salienti dal loro emergere, e invitando a riflettere più ponderatamente tanto sulle nuove modalità assunte dalle pratiche di dominio del biopotere sul corpo quanto sulle forme di resistenza possibile. Ciò che vi è di veramente interessante nel testo è la lente di ingrandimento che l'autore pone sul cardine su cui si articola l'assoggettamento – termine di origine foucaultiana, e approfondito da Butler per mezzo della psicoanalisi, che designa contemporaneamente sia la subordinazione sia la soggettivazione psichica e sociale di cui è capace un potere intenso, diffuso, relazionale, produttivo, totalizzante e individualizzante. Ebbene, Baccarin interroga proprio quel “sottile discrimine” caratteristico della dinamica dell'assoggettamento. Se il soggetto occidentale moderno è un effetto di dinamiche di potere, a sua volta dotato di potere proprio perché emerso dall'interazione produttiva e continua tra tecniche di dominio e tecniche del sé, bisogna allora porre al centro dell'analisi e delle controcondotte il corpo e le pratiche che su e attraverso questo vengono agite. In altre parole, è importante far emergere gli attuali processi di normalizzazione nonché le tecniche del sé corporee che costituiscono oggi l'a priori in base al quale i soggetti operano all'interno di nuove relazioni di potere, e rispetto alle quali, spesso troppo ottimisticamente o semplicisticamente, si proclamano, o vengono proclamati, autonomi. Con il suo testo Baccarin dunque chiarisce sia sotto quali vesti si presenti attualmente il biopotere neoliberale nella nostra società, sia quanto quelle pratiche, quei corpi, quei soggetti comunemente oggi assunti come esemplari delle possibilità di resistenza intrinseche ai soggetti e ai rapporti di potere che li hanno prodotti – tra i quali l'autore sceglie di occuparsi di omosessuali, transessuali, tatuati e pornostar – siano solo parzialmente tali, rilanciando la necessità di elaborare, in linea con il messaggio foucaultiano, nuove linee di fuga.
Capita spesso, infatti, di veder assumere, nei dibattiti su questi temi, come soggetti liberi, autodeterminati, resistenti, coloro che sono prevalentemente stigmatizzati e discriminati nella nostra società, i cosiddetti “trasgressori” odierni, in quanto smarcati dalle norme imperanti nella contemporaneità: dell'eterosessualità obbligatoria; del corpo privo di segni – se non quelli dell'abiezione – tipico della tradizione occidentale; di una sessualità familiare, procreativa, privata, stabile. Ora, dalla lettura del testo tale elezione appare semplicistica sia perché, secondo la lezione foucaultiana e butleriana, non esiste un luogo del grande rifiuto al di là della realtà in cui noi tutti viviamo: non possiamo vivere senza un riconoscimento sociale che renda la vita del singolo, intrinsecamente precaria, una vita possibile e vivibile, sia perché il biopotere è in grado di riposizionarsi continuamente. Infatti, sebbene l'azione del potere non sia mai deterministica perché non esiste un potere assoluto e fondante, bensì si danno solo relazioni di potere tra soggetti liberi dotati di agency, e malgrado il fatto che l'assoggettamento richieda sempre una reiterazione della legge, che così per un verso si naturalizza, mentre per l'altro diviene suscettibile di alterazione, ciononostante è incessante il pericolo di una nuova e ulteriore normalizzazione delle prassi trasgressive.
È davvero difficile individuare e percorrere una volta per tutte le strade che conducono verso un nuovo uso dei piaceri e per una denormalizzazione del corpo e del desiderio, denuncia Baccarin citando il caso del BDSM (si tratta di una pratica sessuale nata nei circoli omosessuali californiani come pratica eversiva e oggi divenuta importante genere del mercato del porno mainstream ). Ogni normalizzazione porta con sé sempre delle increspature importanti ed eversive da approfondire e perseguire, ma allo stesso tempo non bisogna mai dimenticare che il potere, proprio in virtù di tale scarto, è sempre capace di riposizionarsi a un nuovo livello. Si pensi, scrive l'autore, ai meccanismi della moda o della pubblicità, capaci di trasformare l'individuo scandaloso – per esempio i primi tatuati – in soggetto desiderante, parte del vasto catalogo di identità offerte dal sistema consumistico odierno, facendo diventare normali i corpi tatuati sui giornali di moda o negli spogliatoi calcistici. Così facendo, il corpo tatuato diviene un corpo intercettato dal biopotere, un corpo che desidera docilmente leggere su di sé la propria identità. I corpi-limite, mette in guardia Baccarin, saranno anche corpi che si mettono di traverso rispetto a una governamentalità che investe l'organicità stessa dei soggetti, ma spesso non disinnescano il meccanismo di potere che criticano, rimanendo in una posizione liminare tra norma e libertà, tra governo delle condotte ed esperienze metamorfiche autonome e resistenziali di uso dei corpi e del piacere. Questi corpi sono realmente punti di resistenza al potere, ma spesso non hanno il coraggio o la lungimiranza per esserlo davvero, riducendosi a essere punti di appoggio per una nuova azione del biopotere stesso.
Entrando più nello specifico, Baccarin mostra come la posta in gioco delle pratiche di libertà attuali stia nello scardinamento dei processi di veridizione (altra espressione tratta dal lessico foucaultiano) imposti dall'ermeneutica del sé propria del biopotere neoliberale, che induce i soggetti a diventare imprenditori di se stessi, creando così l'illusione dell'autodeterminazione. Egli pone prima di tutto nero su bianco quella che è la verità dei soggetti limite da lui scelti, mettendola poi sul banco degli imputati. Per esempio, la verità trans oggi vigente viene riassunta nella frase “la libertà di essere o non essere o di come essere donna/uomo”. Questa, si noti, non è la verità di un singolo particolare trans, ma la verità trans tout court, ovvero di una categoria di soggetti, di una specifica identità sociale che, per quanto considerata scandalosa, malata, trasgressiva, viene così ordinata e posizionata all'interno dell'ordine sociale vigente. Lungi dall'essere questa una pura rivendicazione dell'autonomia transessuale – come vorrebbero spesso tanto i trans quanto i teorici gender – anch'essa è da intendersi come il risultato di quell'ermeneutica del sé propria delle dinamiche del biopotere contemporaneo.
Dunque, rileva Baccarin, l'identità trans, nonché la rivendicazione della propria verità da parte dei transessuali, prodotti di una tecnica del sé congiuntamente a una tecnica del corpo che problematizza e plasma il corpo trans nel contesto di una nuova disponibilità anche plastica del corpo, è il risultato dell'ermeneutica del sé che sta all'origine del soggetto moderno. Infatti il biopotere è una razionalità di governo sorta a partire dal XVII secolo e fondata sul criterio centrifugo del laisser faire, che presuppone la libertà dei processi e dei soggetti che osserva e gestisce. Inoltre, tale governamentalità istituisce un'inedita sintesi fra potere e verità, e tra questi e i temi quali la vita, il corpo, l'individuo, il corpo sociale, che richiede a ognuno di trovare la verità del proprio desiderio: in questo caso la propria identità di genere. Di fatto, attraverso l'interazione tra tecniche di dominio e tecniche del sé, e per mezzo di vari dispositivi quali il sapere medico, psichiatrico, disciplinare, tali identità vengono più che scoperte, prodotte. Allo stesso modo funziona anche la pornografia, la quale è un caso esemplare di tale sollecitazione, estrapolazione, soggettivazione, incorporazione del desiderio sessuale. Essa è indifferente al piacere eventualmente sollecitato allo spettatore o provato dal performer – sempre e comunque solo genitale – e all'atto – meramente strumentale alla produzione di desiderio – mentre è centrale l'enorme proliferazione dei generi pornografici. Il consumo di porno suscita un desiderio che induce all'ulteriore consumo di immagini implicando, al tempo stesso, il soggetto in un processo di veridizione della propria identità sessuale, illudendo il singolo della libertà del proprio desiderio per mezzo dell'ampia scelta di generi che ha a disposizione. Nella pornografia, quindi, si congiungono a un nuovo livello processi di normalizzazione e tecniche corporee del sé secondo i binari del totalitarismo dell'esplicito e della banalizzazione del nudo e della seduzione, analogamente a quanto scriveva Foucault a proposito della moltiplicazione della philia da parte della sessuologia del XIX secolo, che reprime, mentre suscita, la discorsività sul sesso, facendola prolificare e, contemporaneamente, ampliando e specificando in questo modo la presa del potere sulle vite e sui corpi degli individui.
Il meccanismo è sempre lo stesso: si ha l'illusione che parlare di sesso e mostrarlo, ma anche scrivere sui propri corpi, plasmarli e modellarli con diete, attrezzi da ginnastica, chirurgia, sia la via per la liberazione da un potere repressivo e dall'anonimato della società dei consumi, mentre in realtà questi non sono altro che strumenti del biopotere neoliberale, il quale più che reprimere amplia la sua presa su di noi. Il biopotere suscita desideri incorporati in soggetti desideranti sotto forma di condotte che diventano oggi anche autopoiesi corporea. I tatuaggi, il piercing, le scarificazioni, la pornografia, la somatopoiesi trans – ma Baccarin aggiunge all'elenco i prodotti contraccettivi, la fecondazione assistita, i centri abbronzanti, la chirurgia estetica, le pubblicità, le diete, il nuovo valore dato alla nudità, il fitness, la moda, i corsi di strip dance – sono tutti esempi del nuovo livello di incorporazione raggiunto oggi della norma. Un'autonormazione che è anche auto poiesi, che investe il corpo a un livello mai raggiunto prima: quello della poiesi organica basato sul dovere di scoprire la propria verità e di affermare la propria unicità attraverso la cura di sé e del proprio corpo.
Quella raggiunta non è altro che una libertà apparente, anche se autenticamente percepita. Si pensi alla donna che, ancora isterica e priva di piacere nel XIX secolo, oggi per un verso rivendica una propria sessualità attiva e autonoma, per l'altro è target per una nuova produzione pornografica al femminile e cliente di interventi estetici standardizzanti in un'autodisciplina corporea basata ancora una volta su di un desiderio suscitato, controllato, serializzato: quello di piacere, di piacersi, di prendersi cura di sé. Tutte queste pratiche si collocano all'interno delle pratiche di dominio sempre più sofisticate e intrusive attuate sul corpo dal biopotere neoliberale contemporaneo, che possono anche costituire effettive pratiche di resistenza del soggetto, ma mai in termini assoluti, e che comunque sino a oggi non hanno davvero messo in discussione la centralità del desiderio e l'ingiunzione all'ermeneutica del sé che sta alla base di tali processi. Dunque è proprio su questo “sottile discrimine” che intercorre tra gli investimenti corporei intesi come forme di controcondotta alle relazioni di potere biopolitico, e quelli che non sono altro che autonormazione, cura di sé normata, incorporata e psichicamente assimilata, che si colloca intelligentemente l'opera di Baccarin, Con le sue ricostruzioni genealogiche delle verità di corpi e di soggetti che vivono in diagonale in questo mondo, mostra come essi rappresentino delle resistenze rispetto alle norme vigenti, ma meno radicalmente di quanto spesso non si pensi. Per superare tale soglia, rilancia l'autore, è basilare superare la necessità tanto di una verità del sé quanto il mito di una libertà originaria ed essenziale da restaurare; superare la centralità accordata al desiderio, e di conseguenza al tema identitario; spostare l'attenzione sull'atto e sul piacere. Non è più tempo di rivendicare la libertà di amare persone dello stesso sesso, come recita la verità gay, bensì è tempo di rivendicare la libertà di amare tout court. Bisogna cioè concentrarsi sullo scovare nuove pratiche di libertà per inaugurare non nuovi mondi, bensì nuovi giochi di libertà in questo mondo.
di Sophie Brunodet